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A vederla sembra la classica ragazza della porta accanto: biondina, eterea, sguardo innocente, corpo asciutto, minuto... insomma, non è una di quelle che ti fanno girare la testa la prima volta che le vedi. Eppure Kirsten Dunst non è certo una qualunque, e per ora ci limitiamo alla carriera artistica: dopo un'infanzia trascorsa a girare spot pubblicitari (anch'essa molto comune a Hollywood), Neil Jordan la scrittura per la parte di Claudia in Intervista col Vampiro: Kirsten è appena dodicenne, e quel piccolo ruolo le cambierà la vita. E non stiamo parlando di un ruolo 'facile': Claudia la vediamo prima piangere davanti al cadavere della madre, poi 'morsa' dal vampiro fino a diventare una vampira lei stessa, e cavarsela anche molto bene! Ma tanto sangue non le darà alla testa... da quel momento infatti i copioni si sprecano: eccola in Piccole donne (1994), Jumanji (1995), e perfino al fianco di due 'mostri sacri' come Robert De Niro e Dustin Hoffman in Sesso e Potere (1997).
Ma la 'vera' svolta artistica, l'incontro più fortunato della sua carriera, la ormai diciassettenne Kirsten lo trova con Sofia Coppola, che nel 1999 la sceglie come protagonista per il suo film d'esordio, Il giardino delle vergini suicide: e la figlia d'arte più talentuosa del mondo del cinema viene ripagata magistralmente da questa biondina minorenne, apparentemente ingenua e delicata ma con un 'lato oscuro' sorprendentemente torbido e molto, molto cinefilo: la sua interpretazione di Lux Lisbon, la più grande delle cinque sorelle del romanzo omonimo di Jeffrey Eugenides, è esemplare per dedizione e resa artistica. Lo sguardo malizioso ma dolente, le movenze infantili, civettuole ma incredibilmente sensuali, il carattere intraprendente, 'ribelle', indomito, che lascia presagire il tragico epilogo della storia, fanno della Dunst prima che una brava attrice, un'icona delle adolescenti americane, e non solo: è difficile non immamorarsi 'platonicamente' di questa ragazzina molto più adulta della sua età.
E sarà ancora Sofia Coppola a sceglierla come sua 'attrice-feticcia' (termine bruttissimo, ma è così), offrendole sette anni dopo il ruolo più importante della sua già vasta filmografia: quello di regina di Francia in Marie-Antoinette, film 'meravigliosamente' bello, nel senso letterale del termine: un lungo videoclip dallo sguardo pop, con colori a pastello, trine e merletti, fatto di straordinari slanci rock e pervaso da una tristezza infinita e sotto pelle: quella di una sovrana che, apparentemente, può avere qualsiasi cosa dalla vita ma che è 'prigioniera' nel suo castello dorato, ignara di quello che succede oltre le mura, promessa sposa ad un marito inetto e impotente, e alla quale la Storia arriverà ben presto a chiederle il conto. Una storia, l'ennesima, di solitudine, carenza di rapporti umani e affettivi, malinconia e tenerezza, tutte caratteristiche che rispecchiano in pieno l'indole di Kirsten, ormai a suo agio nei panni della ninfetta 'bella e dannata' di Hollywood.
In mezzo a questi due film, un altro 'gioiellino' indipendente come Se mi lasci ti cancello, di Michael Gondry, e soprattutto molte opere ben più commerciali con le quali può 'monetizzare' la notorietà acquisita: primi fra tutti, ovviamente, i tre episodi di Spider-Man, nei quali interpreta Mary-Jane Watson, 'pupa' del supereroe più timido di tutti i fumetti Marvel. E, come spesso accade in questi casi, 'galeotto' fu il set: eccola infatti prendersi una cotta per Tobey Maguire, il suo contraltare maschile...
Ed ecco così svelarsi il 'tallone d'achille' di Kirsten Dunst: la sua 'turbolenta' vita privata, che le darà ben poche gioie e molti dolori: anticonformista per natura, malgrado l'ormai noto aspetto 'angelico', passa da una relazione all'altra senza trovare alcuna stabilità e tranquillità interiore: lasciatasi ben presto con Maguire, le attribuiscono svariati flirt, tra i quali quelli con Orlando Bloom e Ben Foster, poi intraprende una lunga relazione con Jake Gyllenhaal, che finirà malamente e la farà cadere nel tunnel della depressione e della droga. Le sue continue entrate e uscite dalle cliniche 'rehab' ormai non fanno più notizia, screditandola notevolmente agli occhi dell'opinione pubblica anche grazie a certe sue dichiarazioni non proprio... politically correct: famose le frasi in cui 'inneggia' al consumo di Marijuana, unite alle candide ammissioni di farne un largo uso personale. Parole che, nell'America bacchettona e protezionista di questi anni, certo non aiutano la sua carriera...
Ma il talento c'è ancora, eccome. E allora ecco che un regista 'maledetto' e 'di culto' (nel bene e nel male) come Lars Von Trier le offre una straordinaria occasione nel suo ultimo film, Melancholia, che sarà presentato a giorni al Festival di Cannes: Kirsten la vediamo di nuovo splendida, 'torbida', sinuosa e... molto, molto poco vestita, nel pieno rispetto della filmografia 'estrema' del cineasta danese.
Ma per una come lei... praticamente roba da ragazzi !!
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