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Analisi semi-seria del “Profeta” di Audiard

Creato il 20 luglio 2010 da Paperoga

Analisi semi-seria del “Profeta” di Audiard

Avvertenza: contiene spoiler, anche se è un film in seconda visione. Non scassate la mazza poi.

Se è vero che Scarface ha influenzato una generazione di latino-americani indirizzandoli verso la saggia via del commercio della cocaina, (o almeno suggerendogliela umilmente), non ho dubbi che altrettanta vis maieutica possieda Il Profeta di Jacques Audiard, un gran bel filmone che ho gustato ier sera nell’arena all’aperto di un cinema di Parmaperopoli.
All’uscita della superba visione, ho intuito quale immaginario di magnifiche sorti e progressive questo film abbia proiettato nelle menti di una moltitudine di ragazzi franco-arabi abitanti delle banlieues.

Sei un immigrato di 3-4 generazione senza istruzione nè futuro? Commetti piccoli reati che ti portano di tanto in tanto in galera? Vuoi di più dalla vita che venti franchi in tasca e una percezione del bene e del male ancora tutto sommato intatta? Beh, sveglia testa di minchia: approfitta di ogni occasione che la prigione ti porge per acquisire potere, rispetto e contatti, commetti omicidi iniziatici, fatti proteggere da un violento boss di cui diventi servo e confidente, comincia a smerciare piccole quantità di droga in cella, fai il doppio e anche il triplo gioco di modo da diventare un fidato degli arabi, un socio in affari di zingari e un faccendiere dei corsi, e vedrai che la tua cella all’improvviso si aprirà, poi diventerà più grande, ti arriverà la televisione e il dvd, potrai portarti in camera prostitute e possedere persino il cellulare. Poi, quando comincerai ad uscire per buona condotta, potrai fare il grande salto e stabilire legami con la criminalità organizzata. Alla fine, dopo 6 anni di prigione che quando sei entrato eri una merda di cane senza futuro, esci da lì scortato da decine di scagnozzi, rispettato e temuto come un Profeta.
Che dire, alla faccia della funzione rieducativa della pena. Sto ragazzo mi entra timido rincoglionito e mi esce pluriomicida e narcotrafficante, senza che tra l’altro la giustizia nemmeno se ne accorga. Anzi, quei babbei gli danno una bella pacca sulla spalla quando esce, come fosse stato un detenuto modello.

Vero è anche che entra totalmente analfabeta, e dopo 6 anni scrive e legge correttamente il francese e parla arabo e impara pure il corso, che è un dialetto ben strano, italianeggiante, scandito con un maldestro accento siculeggiante alla Johnny Stecchino. Non solo, mi entra che si fa rubare le scarpe come un pirla nell’ora d’aria, e mi esce che da brava testa fina scatena un geniale regolamento dei conti tra i suoi nemici che nemmeno Tony Soprano. A questo punto del film  i cinema delle banlieues si saranno già svuotati, con decine di invasati ansiosi di commettere crimini a caso per finire nella prigione più vicina. Anche se il significato del film è ben più complesso e a volte critpico, capirai che cacchio gliene frega a loro.
Consigliato a chi vorrebbe essere uno spacciatore d’erba di immediato successo ma non sa come fare, ai piaciucchiatori delle tensioni razziali dentro le carceri, agli amanti di scene di sgozzamenti rituali. (la scena in questione batte sicuramente quella di Cachè di Haneke, mentre se la gioca con l’episodio della sauna di Eastern Promises di Cronenberg: un’anziana davanti a me stava per vomitare, e per la miseria non l’ha fatto).
Sconsigliato a chi ha visto le Ali della Libertà e crede che quello sia il più crudo dei film sulla vita in prigione. Effetti collaterali: per gli uomini probabile dopo il ritorno a casa il bisogno di una attenta autopalpazione ai testicoli.

PS. Film superbo, crudo, si prende il suo tempo e due ore e mezzo passano che non te ne accorgi. La sospensione di qualsiasi giudizio morale sul protagonista, le sue molte anime fuse in uno sguardo imbronciato e attento e affamato, la descrizione dell’inferno prigione che non è mai semplice denuncia realistica, ma forse solo uno strano racconto di formazione, di casuale deriva, di angosciante sopravvivenza. O forse è una nuova distorta variante del sogno americano, vissuto in altri luoghi e in altri tempi.



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