Certe volte il Pd ci sembra come una squadra di calcio costruita per vincere il campionato, la champions, la coppa del mondo per club e quella del nonno ma che, arrivata a metà stagione, si ritrova a lottare per non retrocedere. Il Partito Democratico nasce come forza di governo e ne ha tutte le caratteristiche, compresi gli uomini e le donne capaci di farlo. Al contrario delle mezze seghe del Pdl abituate a navigare da sempre nel sottobosco della politica, delle arti e dei mestieri, nel Pd ci sono politici di razza, di spessore, persone preparate e di qualità che, in qualsiasi altro campionato e in qualsiasi altra squadra, occuperebbero sicuramente un posto da titolari (di dicastero). Però, come tutte le squadre costruite per vincere, nel momento in cui si trova a giocare il ruolo dell’out-sider si perde, va in confusione, smarrisce perfino gli schemi più elementari della sua tattica di gioco. E rischia la serie B. Il Pd non è una forza di opposizione, non la sa fare, non ci si trova né ci si raccapezza. L'eclissi che sta vivendo, e nella quale attualmente si specchia, è proprio figlia di questa situazione dalla quale non riesce a venir fuori semplicemente perché non ha l’ossatura per farlo. Non ha le “palle” per combattere fino alla fine una partita che, in fondo, non è mai stata tattica ma fisica. La perdita di personalità e di carattere, che nel Pd è la conseguenza del dover rincorrere la capolista, ha causato una schizofrenia che gli ha fatto perdere il senso di “squadra” fino a preferire di inseguire la figura del leader-fuoriclasse (che in qualsiasi momento della partita può inventare la mossa risolutiva e mettere la palla in fondo alla rete), piuttosto che giocare l’uno per l’altro. Il Pd non ha un leader, non ha un “fantasista” né tantomeno ha in panchina Mourinho. La sua unica forza dovrebbe essere l’attaccamento ai colori e alla maglia, ma i troppi solisti di cui è composto glielo impedisce perché alla fine ognuno gioca per sé e fanculo la squadra. E la mancanza di leadership, del direttore d’orchestra che faccia suonare a dei bravi solisti lo stesso brano musicale, si trasforma nella ricerca affannosa di uno fuori dal gruppo, l’unico in grado di porre fine alle ripicche, alle piccole invidie, ai personalissimi deliri di onnipotenza di ognuno dei tanti bravi musicisti di cui è composto un partito purtroppo senza identità. Alla fine, il primo che si alza e che pronuncia una frase che apparentemente suona contro Berlusconi, viene immediatamente arruolato (o si cerca di farlo), non tenendo in considerazione né da dove arriva né chi è stato né dove vuole andare. Per cui, ciclicamente, il fascista Fini diventa un punto di riferimento, il doroteo Casini quello che detta l’agenda, il paraculo Marchionne il “manager buono” manco fosse Papa Giovanni, Mario Draghi (l’uomo delle banche e del sistema creditizio) il tecnico per la rinascita e l’”old fashion” Montezemolo alias “belli capelli” una guida onesta e sicura per l’economia. E poi dice che uno si butta a sinistra! In questa rincorsa ormai affannosa nei confronti di chi, e di cosa, non si capisce bene, accade che nel momento in cui la Corte Costituzionale dice a Silvio che è un cittadino come tutti gli altri, impedendogli di autofirmarsi le giustificazioni, il Pd trova la forza di spaccarsi litigando su tutto e facendo venir fuori la repressa acidità di stomaco di Veltroni che litri di Maalox Sciroppo non hanno affatto attenuato. In questi giorni abbiamo ascoltato anche le dichiarazioni fuori di testa di Fassino e di Renzi sulla Fiat e su Marchionne, ma quella che ci ha colpito di più è stata quella resa ieri sera ad Annozero da Sergio Chiamparino. “Il 45 per cento degli operai vota per il centrodestra, e tutto grazie ai massimalisti della sinistra”. Ma tu, Chiamparino, da dove vieni, chi sei e soprattutto dove cazzo stai andando?
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Analisi serissima sul Pd. Urge una flebo di Maalox
Creato il 14 gennaio 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Certe volte il Pd ci sembra come una squadra di calcio costruita per vincere il campionato, la champions, la coppa del mondo per club e quella del nonno ma che, arrivata a metà stagione, si ritrova a lottare per non retrocedere. Il Partito Democratico nasce come forza di governo e ne ha tutte le caratteristiche, compresi gli uomini e le donne capaci di farlo. Al contrario delle mezze seghe del Pdl abituate a navigare da sempre nel sottobosco della politica, delle arti e dei mestieri, nel Pd ci sono politici di razza, di spessore, persone preparate e di qualità che, in qualsiasi altro campionato e in qualsiasi altra squadra, occuperebbero sicuramente un posto da titolari (di dicastero). Però, come tutte le squadre costruite per vincere, nel momento in cui si trova a giocare il ruolo dell’out-sider si perde, va in confusione, smarrisce perfino gli schemi più elementari della sua tattica di gioco. E rischia la serie B. Il Pd non è una forza di opposizione, non la sa fare, non ci si trova né ci si raccapezza. L'eclissi che sta vivendo, e nella quale attualmente si specchia, è proprio figlia di questa situazione dalla quale non riesce a venir fuori semplicemente perché non ha l’ossatura per farlo. Non ha le “palle” per combattere fino alla fine una partita che, in fondo, non è mai stata tattica ma fisica. La perdita di personalità e di carattere, che nel Pd è la conseguenza del dover rincorrere la capolista, ha causato una schizofrenia che gli ha fatto perdere il senso di “squadra” fino a preferire di inseguire la figura del leader-fuoriclasse (che in qualsiasi momento della partita può inventare la mossa risolutiva e mettere la palla in fondo alla rete), piuttosto che giocare l’uno per l’altro. Il Pd non ha un leader, non ha un “fantasista” né tantomeno ha in panchina Mourinho. La sua unica forza dovrebbe essere l’attaccamento ai colori e alla maglia, ma i troppi solisti di cui è composto glielo impedisce perché alla fine ognuno gioca per sé e fanculo la squadra. E la mancanza di leadership, del direttore d’orchestra che faccia suonare a dei bravi solisti lo stesso brano musicale, si trasforma nella ricerca affannosa di uno fuori dal gruppo, l’unico in grado di porre fine alle ripicche, alle piccole invidie, ai personalissimi deliri di onnipotenza di ognuno dei tanti bravi musicisti di cui è composto un partito purtroppo senza identità. Alla fine, il primo che si alza e che pronuncia una frase che apparentemente suona contro Berlusconi, viene immediatamente arruolato (o si cerca di farlo), non tenendo in considerazione né da dove arriva né chi è stato né dove vuole andare. Per cui, ciclicamente, il fascista Fini diventa un punto di riferimento, il doroteo Casini quello che detta l’agenda, il paraculo Marchionne il “manager buono” manco fosse Papa Giovanni, Mario Draghi (l’uomo delle banche e del sistema creditizio) il tecnico per la rinascita e l’”old fashion” Montezemolo alias “belli capelli” una guida onesta e sicura per l’economia. E poi dice che uno si butta a sinistra! In questa rincorsa ormai affannosa nei confronti di chi, e di cosa, non si capisce bene, accade che nel momento in cui la Corte Costituzionale dice a Silvio che è un cittadino come tutti gli altri, impedendogli di autofirmarsi le giustificazioni, il Pd trova la forza di spaccarsi litigando su tutto e facendo venir fuori la repressa acidità di stomaco di Veltroni che litri di Maalox Sciroppo non hanno affatto attenuato. In questi giorni abbiamo ascoltato anche le dichiarazioni fuori di testa di Fassino e di Renzi sulla Fiat e su Marchionne, ma quella che ci ha colpito di più è stata quella resa ieri sera ad Annozero da Sergio Chiamparino. “Il 45 per cento degli operai vota per il centrodestra, e tutto grazie ai massimalisti della sinistra”. Ma tu, Chiamparino, da dove vieni, chi sei e soprattutto dove cazzo stai andando?
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