Anarchia- la notte del giudizio
Creato il 25 luglio 2014 da Veripaccheri
Anarchia-La notte del giudizio
di James Demonaco
con Fan Grillo, Carmen Ejogo, Kiele Sanchez
Usa, 2014
genere, horror
durata, 103'
Se e’ vero che il Cinema, in
particolare quello genericamente definito “spettacolare”, tende sempre
più spesso a cibarsi della sua propria “carne”, riutilizzando
all’infinito parti di se stesso per assemblare altrettanti “corpi”, non
e’ detto che il prodotto ultimo di quest’immenso apparato
masticatorio/digerente sia per forza uno scarto. Ne e’ prova, ad
esempio, “Anarchia: la notte del giudizio”/”The purge: anarchy”, di
James DeMonaco, prosecuzione più che ideale del precedente “La notte del
giudizio”/The purge” (2013), sempre ad opera dello stesso autore.
Distopia ravvicinata (siamo nel
2023) inerente un “nuovo ordine” propagandisticamente sorretto dalla
liceità concessa – almeno per dodici ore, una volta l’anno – di dare
“sfogo” (“purge”, appunto, e relative affinità, tipo “epurazione” e
“purificazione”) a qualunque tipo di compulsione criminale per, in
teoria, concorrere a sradicarla dal fondo melmoso dell’animo umano, in
realtà organizzato allo scopo d’instaurare una sorta di “darwinismo
sociale” tanto sanguinoso quanto definitivo, “Anarchia…” supera di
slancio sia l”impasse’ circa la riproposizione di un modello come
semplice alternanza di variazioni minime su un’idea fortunata ma
fragile, sia la resa incondizionata ad un meccanismo magari remunerativo
ma di puro e semplice ricalco. E ciò soprattutto in ragione del fatto
che DeMonaco ha con scaltrezza continuato a lavorare sulle regole base
dei generi utilizzati, ora accentuando alcuni toni, ora comprimendone
altri: operazione, a pensarci, tutt’altro che scontata e sovente
trappola letale per un numero imprecisato di tentativi analoghi.
Restando ai punti di riferimento
essenziali – “action” e “thriller” – “Anarchia…” oltre che a giovarsi
dello spostamento del cuore dell’azione dal contesto suburbano/borghese a
quello metropolitano/proletario (accorgimento che, da un lato – a parte
trasformare la resa dei conti del primo film in una estenuante caccia
all’uomo tra viali deserti e vicoli sordidi, figlia di un immaginario
sterminato quanto, a suo modo, classico, vedi, per dire, i “guerrieri”
di Hill – allarga la prospettiva visuale e radicalizza i temi portanti
dell’opera rendendo più dilatata ma costante la suspense; dall’altro,
rimestando nel gorgo di tendenze forse – ancora – minoritarie, comunque
inconfessabili o sconvenienti, insinua il sospetto inquietante per cui
la dissoluzione dell’attuale struttura delle società affluenti non e’ un
noioso argomento da consesso internazionale ma una possibilità in
avanzato stato di realizzazione, nei confronti della quale la sopra
accennata collocazione “futuribile” rassicura come il celebre tappo a
protezione della celebre diga), serra i ritmi del montaggio, impedendo
alla tensione di calare sotto il limite di guardia; moltiplica i punti
di vista insidiosi, facendo del luogo più insignificante una potenziale
ultima spiaggia; fa aderire quasi senza tregua la mdp ai volti e ai
corpi dei personaggi, consentendo la scansione sistematica del loro
termometro emotivo; alterna e impasta sfumature di colori “allucinati” –
lampi azzurrognoli, ocra opachi, grigi smorti, incarnati terrei, neri
pieni – a sottolineare il progredire di un disastro – fisico, morale,
civile – oramai non più incombente me ben dentro i fatti. Tale prassi
consente così al film d’incardinarsi con decisione entro i binari di una
partitura forse prevedibile ma serrata e pulsante, supportata anche
dall’accorto ridimensionamento degli apporti dei sottotesti
socio-antropologici (qui blandamente ribaditi, come a sancirne la
pacifica – e sinistra – accettazione), nonché dalla sbozzatura
elementare ma energica delle figure principali (l’antieroe laconico,
efficiente e dal cuore non del tutto indurito; madre e figlia attrezzate
da una vita marginale a resistere e a lottare; una coppia in crisi che
troverà la forza per solidarizzare di nuovo) e dall’impatto poco più che
accessorio della eterna contrapposizione ricchi/poveri con annesso
leader carismatico vendicatore (questi ultimi, declinati in modi
diversi, elementi di debolezza di entrambi i “Purge”).
Concisione, allora. Pochi
fronzoli. Violenza secca, impietosa e minimi squarci aperti su un futuro
chissà quanto ancora a portata di mano. Produce di nuovo la premiata
ditta Blumhouse, sempre coadiuvata dall’alacre zampino di Michael Bay.
Potrebbero interessarti anche :