Leggere, conoscere, studiare i grandi classici è un lavoro fondamentale per chi si occupa di letteratura. Virginia Woolf ha offerto ai suoi lettori un laboratorio di scrittura indiretto attraverso i suoi diari, un patrimonio di riflessioni, considerazioni sul mondo della letteratura: degli autori, dei critici, dei recensori, dei lettori, sul modo in cui la scrittura modella la personalità, la vita di chi scrive, ne acuisce il senso critico e ne modella il gusto. Attraverso un’indagine introspettiva la Woolf delinea i tratti salienti di alcuni aspetti immortali della scrittura e dell’indagine che si svolge intorno ad essa, come in queste riflessioni sulla possibilità di scomporre la narrativa con metodologie di tipo narratologico o sulla impossibilità a farlo in maniera così determinista, perché ogni libro, come ogni persona, non ha solo un’anatomia comune a tutti ma ha sue specificità che lo rendono unico e ineguagliabile.
Anatomia della narrativa[…] In Inghilterra siamo soliti dire che la narrativa è un’arte. Non ci insegnano a scrivere romanzi. L’incentivo più diffuso è la dissuasione […] La critica si applica raramente o mai ai problemi del presente. E d’altro canto ogni bravo romanziere, vivo o morto, ha qualcosa da dire in proposito, anche se lo dice in modo molto indiretto, in maniera diversa a persona diverse, e in modo differente nelle differenti fasi dello sviluppo della stessa persona. E’ così che, se c’è qualcosa di essenziale, questo è leggere con i propri occhi. Però , a dire il vero, ci siamo stancati dello stile didattico di alcuni. Niente ci sembra fondamentale tranne forse una conoscenza elementare dell’abc, ed è bello ricordare che Henry James, quando ha cominciato a dettare i suoi scritti ha fatto a meno anche di quello. Tuttavia, se avete un buon naturale buon gusto per i libri, è probabile che dopo aver letto Emma, per fare un esempio, vi possa capitare di riflettere sull’opera di Jane Austen. In che modo squisito ogni evento supporti l’altro. Quanto precisamente riesca a dire qualcosa non dicendola. Come sorprendano le sue frasi così espressive quando alla fine arrivano. Tra le righe, separata dalla storia comincia a mostrarsi una certa piccola forma. Ma imparare dai libri è una faccenda capricciosa, quando va bene, e l’insegnamento così vago e mutevole che alla fine, invece di definire il libri “romantici” o “realistici”, vi sentirete più inclini a pensarli come persone, eterogenei, distinti, diversissimi l’uno dall’altro. Ma per alcuni questo non va bene. Secondo loro ogni opera d’arte può essere ridotta in parti, e ogni pezzo può essere nominato e numerato, diviso e suddiviso, e gli si può dare un ordine di precedenza, come agli organi interni di una rana. E’ così che impariamo il modo di ricomporli- cioè, sempre secondo questi, impariamo a scrivere. E qui sorge una complicazione, il nodo più grosso, e la spiegazione. Il metodo induttivo e quello deduttivo. La cinetica e la statica. Il diretto e l’indiretto con le sue suddivisioni. Connotazione, annotazione, equazione personale e denotazione. Sequenza logica e successione cronologica. Sono tutte le parti della rana ed è possibile sezionarle ulteriormente. Prendiamo il solo caso dell “enfasi”. Ce ne sono undici tipi. Enfasi per posizione terminale, per posizione iniziale, per pausa, per proporzione diretta, per proporzione inversa, per antitesi, per sorpresa, per suspense- siete già stanchi? Pensate agli americani. Hanno scritto una storia undici volte, ognuna con un diverso tipo di enfasi […]
[16 maggio 1919]
(da Consigli a un aspirante scrittore edizioni Bur)
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