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Anatomia di un mezzogiorno

Da Occhidadonna

Mi fissa per sei secondi. Sono nuda e le ossa
si spezzano, mi pugnalano il torace, scricchiolo.
Penso di andarmene ma danzo la precisione
delle gambe. Forse voglio uccidere lui
che si muove perfetto, fargli chiudere gli occhi
e smetterla di essere così felice, così disperata.
Ho le arterie troppo piccole per questa grandezza
la pressione mi strappa la bocca e resto muta.
Stento la voce mentre nasco in questo letto.
Non sono perfetto – lo dice come un ricordo.
E in questa frattura precisa entra la gioia.
Mostra la sua grazia debole e io mi sento a casa,
unghiata alle brecce, la compagnia difettosa,
l’esploratrice col bottino, la fanciulla senza ragione.
So che saremo un errore, perché corriamo la notte
sbaglieremo tutto, accecati dalla buona sorte.
Amore, mi farai di nuovo a pezzi.

In paese stendevano lenzuola insanguinate,
il giorno dopo la notte di miele.
L’ho capito oggi tutto quel sangue esposto.
La ferita nelle trame eppure il bianco.


Archiviato in:Poesie Tagged: amore, La parte più piccola di me s’è spezzata a mezzogiorno, poesia, ricordi

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