Anche se non amo parlare si politica, se non in termini astratti o storici, non posso tacere riguardo le enormità che ho sentito ieri per bocca della ministra Meloni che, da quel che so io, è una portavoce alquanto in linea col pensiero (parola grossa) del governo Berlusconi.
Ospite della trasmissione Exit, in una puntata dedicata alla riforma universitaria e ai giovani italiani, la Meloni ha più volte ripetuto che i ragazzi e le ragazze italiane dovrebbero “maturare l'umiltà di accettare sacrifici” quali lavori precari, part time e anche impieghi a dir poco svilenti, quali gli addetti ai call center o i friggipatatine da McDonald. Questo sia durante gli studi - che può anche starci - sia dopo la laurea. Senza poi tirare in ballo mutui da usurai per comprarsi un monolocale e altre piacevolezze che ben conosciamo. Perché, a dire della Ministra, "bisogna adattarsi ai tempi che viviamo".
E no, cara Meloni.
A noi negli '80 insegnavano che il futuro l'avremmo modellato in prima persona, non che l'avremmo subito supinamente.
Ci avevano detto che la nostra generazione avrebbe sconfitto il tumore e l'aids, che avremmo volato su Marte, che nessuno sarebbe stato più analfabeta o sottoculturato. Ci hanno promesso un mondo più ricco per i borghesi, e meno povero per il Quarto Mondo. Ci hanno raccontato che, finita la Guerra Fredda, i governi si sarebbero finalmente concentrati su sviluppo, benessere e cultura.
L'uomo, per come lo vedo io, dovrebbe ambire all'alto, all'elevatezza. Lo studio deve essere inteso come arricchimento (mentale e materiale) e, in termini nazionali, come piano biogenetico per creare nuove generazioni di Einstein, di Marconi, di Montalcini, di Oppenheimer, di Montale, di Montanelli.
Il concetto stesso di “sacrificio” contiene una base cristologica, anche quando se ne parla in maniera laica e avulsa da ogni contesto filosofico, che ho sempre ritenuto molto ipocrita e nuovomondista. I sacrifici si possono anche fare, ma non bisognerebbe mai ambire a essi.
Lo dico per un milione di motivi, molti assai personali e appartenenti al mio modo di vedere la vita e tutto il resto.
In maniera più spiccia potrei invece dire che, se abbracciamo questo atteggiamento supino, dobbiamo poi smettere di lamentarci se passa il messaggio che denunciamo da tempo: è giusto lavorare gratis, accettare in nepotismo come status quo, chinare il capo davanti i potentati, rifiutare la cultura in favore dell'apparenza.
Questo ci riporta alla logica dei colonialisti di un'epoca non poi così lontana: "Diamo loro il cibo e un tetto sotto cui dormire. Che si accontentino dunque di lavorare nelle nostre piantagioni e di ramazzare le nostre case."
No, ministro: i sacrifici li faccia lei, se lo desidera.