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Anche l’evasione fiscale diventa un servizio bancario

Creato il 12 aprile 2012 da Tnepd

Molti commentatori hanno notato l’eccessiva tempestività dell’inchiesta giudiziaria che ha colpito il vertice della Lega Nord. L’aspetto grottesco di alcuni dei commenti più “autorevoli” ha riguardato invece la rievocazione del “ruolo storico” svolto dalla Lega nel porre al centro la “questione settentrionale” e nel rappresentare le “ragioni del profondo Nord”. A tutt’oggi però non si comprende quali istanze sociali ed economiche siano rappresentate – o siano state rappresentate – dalla Lega, che si è sempre manifestata come un fenomeno di mestierantismo politico artificiosamente gonfiato dai media.
Se è vero che l’attuale inchiesta giudiziaria va ad indebolire una componente della sparuta “opposizione” al governo Monti, è vero anche che sino a pochi giorni fa si trovava sulla graticola giudiziaria e mediatica un lacchè del governo come Rutelli. Appena ieri persino Vendola è finito nell’elenco degli indagati.
In questi ultimi mesi le inchieste giudiziarie hanno bombardato il sistema politico nel suo insieme, e non solo per la questione dei rimborsi elettorali. Ed anche ora i moventi “concreti” per lasciar via libera alle inchieste giudiziarie non mancano.
Venti anni fa, all’epoca di “Mani Pulite”, il sistema dei partiti controllava ancora banche e partecipazioni statali. Oggi la politica controlla al massimo gli appalti locali, le municipalizzate e le casse di risparmio; ma per le privatizzazioni anche questi avanzi non sono da buttare. Nell’affarismo locale la Lega si era ritagliato la sua fetta praticamente dall’inizio, perciò non si possono presentare le sue magagne attuali come una degenerazione rispetto ai passati ideali.
Proprio la stampa ufficialmente “avversa” al leghismo, come il quotidiano “La Repubblica”, ha più contribuito a consacrare i falsi miti della “buona amministrazione” e della “diversità” della Lega. Le narrazioni giornalistiche sul fenomeno Lega di questi ultimi due decenni hanno avuto la stessa pretenziosa ed elucubrata pretestuosità dei dilemmi esistenziali di Batman. Neppure i testi biblici hanno avuto altrettante esegesi dei rutti di Bossi. All’inizio degli anni ’90 giornalisti “insospettabili” come Gad Lerner e Giorgio Bocca si sono fatti carico di garantire personalmente sull’autenticità del fenomeno Lega. La malafede e la faccia tosta di un Giuliano Ferrara o di un Luca Ricolfi si sono poi adoperate per far passare i leghisti come dei pensatori politici.
L’ideologia della Lega però non è mai andata oltre l’antimeridionalismo, che non è certo una sua creazione originale. L’antimeridionalismo è infatti un’invenzione delle classi dirigenti meridionali che così giustificarono la propria collaborazione coloniale all’annessionismo piemontese, appoggiato da due grandi potenze dell’epoca, la Gran Bretagna e la Prussia. Infatti, se si guarda appena oltre l’etichetta, ci si accorge che meridionalismo ed antimeridionalismo sono la stessa cosa.
Tutto il discorso leghista si è sempre fondato sulla storica coppia semantica che è in comune sia a meridionalismo che antimeridionalismo, cioè “Sud-assistenzialismo”. Una coppia semantica è un accostamento di due parole che presuppongono una tesi non dimostrata, come: Oriente-dispotismo, crimini-comunismo, Islam-terrorismo, America-libertà, ecc.
La Lega è stata, ed è ancora, un movimento di supporto e di rinforzo dell’ideologia dominante, che consiste nel dare per scontato che l’assistenzialismo costituisca un’esigenza ed un problema dei poveri. L’importante è che rimanga estraneo alla coscienza comune il dato di fatto che l’assistenzialismo invece riguarda i ricchi. Anche l’anti-banchierismo della Lega rimane fermo all’enunciazione retorica, e non va mai al nocciolo del problema, cioè l’assistenzialismo per banchieri che si dissimula sotto finte motivazioni ufficiali.
In una delle sue sortite mediatiche la ministra Cuornero ha sbottato affermando che il governo attuale non è stato messo lì per distribuire caramelle. Invece le caramelle vengono distribuite eccome, ma i destinatari dei doni sono sempre le banche. Il welfare per banchieri si sta dilatando a vista d’occhio.
Tutta la linea del governo mira a rendere obbligatori i servizi bancari: conti correnti, carte di credito, ecc., aprendo forzosamente un mercato “povero” che va dai pensionati ai precari; due categorie che evidentemente costituiscono il nerbo del riciclaggio del denaro sporco. I servizi “offerti” dalle banche non sono né utili, né competitivi; si basano soltanto sull’artificioso disservizio creato in altri settori, come nel caso della domiciliazione delle bollette. Le notizie ufficiali sul crescente parassitismo bancario non mancano, solo che ci si guarda bene dal collegare questi fatti a tutti i provvedimenti governativi che stanno facendo terra bruciata di tutto quanto possa ostacolare l’invadenza bancaria.[1]
Ora si prospetta persino la graduale scomparsa del denaro contante per consentire la mitica “tracciabilità”. Il tutto viene spacciato come un modo per sconfiggere l’evasione fiscale. Ma la scomparsa delle banconote e l’avvento del dominio assoluto del denaro elettronico si risolvono solo nell’onnipresente intermediazione parassitaria delle banche. Quando un’intermediazione diventa un onnipotente passaggio obbligato, non si capisce perché mai ciò dovrebbe preservare dall’evasione fiscale.
Anche l’evasione può diventare infatti un servizio bancario. Non si tratta di un’ipotesi, ma di storia recente. La banca britannica Barclays – una delle maggiori del mondo – si è specializzata nel fornire servizi di evasione fiscale. Lo scandalo era scoppiato in Gran Bretagna nel 2009 con le rivelazioni del quotidiano “The Guardian”, che coinvolgevano persino due banche italiane, che si erano avvalse dei servizi di consulenza pro-evasione della stessa Barclays. La Barclays risulta avere centinaia di dipendenti addetti esclusivamente alla funzione di escogitare espedienti per l’evasione fiscale. L’operazione illegale che è stata scoperta ha il nome in codice “Brontos”, e pare sia solo una delle tante.[2]
Le indagini giudiziarie svoltesi successivamente in Italia sono giunte alla incriminazione dei vertici di Unicredit ed al proscioglimento di quelli di Intesa San Paolo, così che l’ex manager di quest’ultima – ed attuale ministro delle Infrastrutture-, Corrado Passera, è uscito indenne dalle indagini. [3]
Date queste premesse, si comprende come costituisca solo un’operazione di lobbying bancario il presentare la tracciabilità come una garanzia contro l’evasione fiscale; infatti il risultato è solo di costringere gli evasori a versare una tangente alle banche.


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