Anche se la sonda Huygens è atterrata su Titano nel 2005 e ha trasmesso dati per soli novanta minuti dopo il suo touchdown, i ricercatori sono ancora in grado di ricavare informazioni da questa missione sul satellite di Saturno, Titano, spremendo il più possibile i dati a loro disposizione.
Le ultime notizie arrivano dalla ricostruzione del modo in cui la sonda è atterrata e un gruppo internazionale di ricercatori afferma che una volta “rimbalzata, la sonda scivolò e traballò” dopo il contatto con superficie di Titano. Questo permette di conoscere più a fondo la natura della superficie del satellite.
“Un picco nei dati dell’accelerazione suggerisce che durante la prima oscillazione, la sonda probabilmente ha incontrato un sassolino di circa 2 cm sporgente dalla superficie di Titano e potrebbe averlo spinto più a fondo nel terreno suggerendo in questo modo una superficie di consistenza morbida, di sabbia umida” ha affermato il Dott. Stefan Schröder del Max Planck Institute for Solar System Research, autore capo del paper recentemente pubblicato nel Planetary and Space Science.
Un’animazione dell’atterraggio:
Schröder e il suo gruppo di ricerca sono stati in grado di ricostruire lo sbarco analizzando i dati da differenti strumenti, attivi durante l’impatto, e in particolare hanno cercato dei cambiamenti nell’accelerazione sperimentata dalla sonda.
I dati strumentali sono stati confrontati con i risultati ottenuti dalle simulazioni col computer e da un test di caduta utilizzando un modello della sonda Huygens progettati per replicare l’atterraggio.
I ricercatori ipotizzano che Huygens sia atterrato su un qualcosa di simile ad una pianura alluvionale terrestre, ma che era asciutta al momento del landing. L’analisi rivela che al primo contatto con la superficie di Titano, Huygens ha scavato una buca di 12 centimetri di profondità prima di rimbalzare su una superficie piana.
La sonda, inclinata di circa 10 gradi in direzione del moto, scivolò di 30-40 centimetri sulla superficie. Rallentata per attrito sulla superficie e, fermandosi sulla sua ultima dimora, oscillò in avanti e indietro cinque volte. Il movimento si arrestò dopo circa 10 secondi.
Studi precedenti dai dati di Huygens avevano mostrato una superficie di Titano abbastanza morbida. Il nuovo studio fa un passo in avanti, ha affermato il team di ricerca, perchè dimostra che se un oggetto sviluppa una piccola pressione sulla superficie, la superficie deve essere dura, ma se un oggetto produce più pressiione sulla superficie, affonda in modo significativo.
“E’ come la neve che è congelata nella parte superiore” ha affermato Erich Karloschlka, co-autore presso l’University of Arizona, Tucson. “Se si cammina con attenzione, è possibile passeggiare su una superficie solida, ma se si fa un passo sulla neve un po’ più dura, questa si rompe molto più profondamente”.
Se la sonda avesse colpito una superficie più umida, simile ad una sostanza fangosa, ii suoi strumenti non avrebbero registrato il classico “splat” senza altri ulteriori indicazioni di rimbalzo o scorrimento. La superficie deve essere stata quindi abbastanza morbida per permettere alla sonda di creare una buca e da da farla dondolare per qualche secondo.
Questa immagine grezza è stata ottenuta dal Descent Imager/Spectral Radiometer Camera a bordo della sonda Huygens dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) dopo che la sonda era discesa nell’atmosfera di Titano. Mostra la superficie del satellite con blocchi di ghiaccio sparsi un po’ ovunque. Crediti ESA/NASA/University of Arizona.
E’ stato possibile evidenziare che con l’atterraggio si deve essere alzata della polvere, simile ad aerosol organico, rimasta in sospensione per circa quattro secondi dopo l’impatto. Poichè la polvere si solleva facilmente, probabilmente doveva essere secca e non umida, formulando l’ipotesi che non vi deve essere stata alcuna pioggia di etano o metano liquido per qualche tempo prima dell’atterraggio.
“Non ci devono essere piogge frequenti su Titano” ha affermato Karkoschka, spiegando che forti acquazzoni di metano liquido si possono verificare a decenni oppure anche a secoli di distanza. “Quando si verificano, si formano canali che si sono stati registrati nelle immagini della sonda mentre si avvicinava alla superficie. Lo strato superiore del sito di atterraggio era completamente asciutto, e questo suggerisce che non doveva aver piovuto da molto tempo” ha aggiunto.
Probabilmente appena sotto la superficie il terreno doveva essere bagnato, dato che la lampada illuminata rivolta verso il basso ha scaldato la superficie provocando l’evaporazione del metano.
Fonte ESA: Bouncing on Titan- http://www.esa.int/esaSC/SEMJP13S18H_index_0.html
Sabrina