Volevo aggiungere un commento al post di Laura, ma poi mi son lasciata prendere la mano e quindi…
Bello, davvero bello, soprattutto il contenitore. Esperienza nuova per noi romani, raramente coinvolti in eventi di questo tipo. (A proposito, mi chiedo come mai tanta enfasi quando è stato il momento di pubblicizzare l’Auditorium di Renzo Piano e tanto silenzio per accompagnare l’inaugurazione del Maxxi; per i non romani: in qualsiasi parte di Roma vi troviate c’è un cartello che indica come arrivare all’Auditorium!).
Il contenuto, non essendo io un’esperta d’arte, tantomeno di quella contemporanea, mi ha comunque divertito; ma soprattutto mi ha stimolato una serie di domande, di interrogativi e di perplessità, e già questo lo considero un successo, un risultato.
Uno di questi ve lo sottopongo: perché l’artista contemporaneo ha bisogno dello spettatore per completare la sua opera? In molti casi lo spettatore diventa parte integrante dell’opera, viene coinvolto al suo interno; anzi, come dice lo stesso De Dominicis: “E’ il pubblico che si espone all’arte e non viceversa”.
Questa tendenza mi ha suscitato una sorta di parallelismo con quanto sta avvenendo nella vita di tutti i giorni, forse anche a causa di un uso molto spinto della tecnologia. Pensiamo per esempio a quando sul palmare, attraverso una qualsiasi applicazione di mapping, spingiamo il bottone “locate me”: vediamo un piccolo punto sullo schermo con intorno il posto in cui ci troviamo: quello siamo noi. E se ci spostiamo, quel punto si muove con noi. Fino a qualche anno fa si poteva giusto entrare in un negozio e chiedere la mappa della città, con segnati i luoghi di interesse, ma noi non c’eravamo su quella mappa.
Una cosa simile avviene anche in altre situazioni, soprattutto nell’ambito delle nuove generazioni. Quando gli adolescenti accedono a Internet per leggere le notizie, non vanno sui siti dei giornali o su stazioni televisive, piuttosto preferiscono Facebook, dove la notizia è ciò che è rilevante per l’individuo, quelle che Facebook chiama le “News Feed” e che sono costruite e personalizzate sulla base delle preferenze, dei gusti, delle tendenze che ogni utente può esprimere nel suo profilo.
La generazione di Internet è alla ricerca di esperienze personalizzate: dagli abiti che compra, al locale da frequentare, alle fiction da vedere in TV.
A questo proposito, è uscito proprio in questi giorni negli Stati Uniti un libro molto interessante:”I live in the future & here’s how it works”, che analizza l’impatto della tecnologia sulle nostre vite.
Tornando all’interrogativo iniziale dunque, forse la tendenza che ho riscontrato nell’osservare le opere del Maxxi non è che una delle tante espressioni della cultura che stiamo vivendo e che effettivamente tende a portare l’individuo al centro delle esperienze che viviamo quotidianamente.