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Ancora sul perché è meglio leggere

Da Marcofre

Che cosa si deve leggere per scrivere in maniera decente? La risposta di solito è “Libri di qualità”. Vale a dire?
Il problema è che quello che io considero di qualità, altri ritengono sia solo “noioso”. Si tratta di uno degli argomenti più difficili da affrontare. Spesso con amici o amiche si scatenano discussioni accese sui gusti di questo o quello.

I giudizi su un autore si sprecano: Flannery O’Connor? Nooooo! Illeggibile!
Caver? A parte un paio di racconti non ha scritto niente di rilevante.
Dostoevskij? Come tutti i russi deve scrivere 600 pagine per una storia che starebbe tranquillamente in 200.

Eccetera eccetera.

Basta leggere, e in parte sono d’accordo.

Almeno agli inizi tutto fa brodo; però non si vive solo di questo (vale a dire: di brodo). Un po’ di ginnastica fa senz’altro bene ma poi sarebbe bene, se si hanno delle ambizioni (perdere dei chili; gareggiare per le Olimpiadi), osare.

Se osservo la mia esperienza, mi rendo conto che quando ho cominciato a frequentare certi autori, la mia idea di letteratura, e di scrittura, ha cominciato a modificarsi. Mi sono abituato a masticare cibo più nutriente, e questo mi ha permesso anche di distinguere quello che è discreto, da ciò che è insufficiente. E di “spiegarlo”.

Qui possiamo fermarci e ragionare. Tutti possono leggere, ma come ho sempre cercato di illustrare, c’è lettura e lettura. Esiste quindi lo scorrere degli occhi sul foglio, e via.

E un tipo di lettura che in pochi fanno perché hanno scoperto che la parola ha un potere detonante che occorre conoscere alla perfezione. Alcuni sono scrittori, ma molti sono “semplici” lettori che hanno compreso la verità. Costoro, possono anche permettersi di leggere di tutto, perché hanno sufficienti filtri per scartare quello che è inutile e conservare quello che serve. Oppure, per giudicare illeggibile un certo libro dopo qualche pagina.

Già, la testa, la testa che ragiona e funziona. È questa che permetterà a un autore di uscire dalla folla (se ha talento) e trovare il suo piccolo pubblico. Un tempo (sembra ieri anzi: era ieri) l’editore rappresentava una garanzia di qualità. Non sempre siamo d’accordo su questo suo ruolo, diciamo però che era così.
Adesso è un elemento del panorama. Non l’elemento.

Le persone possono offrire una possibilità (di ascolto) solo se l’autore dimostra un valore. Ora più che mai è così. E non si tratta però (almeno agli inizi), di acquisire successo o autorevolezza.

Al tempo della Rete diventa necessario tornare al dialogo anche perché altrove questo non è possibile. C’è troppo fracasso, ma è inevitabile che ci sia perché probabilmente è necessario convincere che va tutto in un certo modo. Che per esempio parlare di arte, di talento, è sciocco e anche poco elegante.

La lettura di libri, di molti libri di qualità (quindi i classici, per esempio, ma non solo) svela alcuni elementi di cui è bene tenere in conto.

Tra gli altri: un autore osserva. Il guardare non è per lui, appartiene alla maggior parte delle persone.
Pensa; se in principio lascia alla mano tanto spazio sulla carta, dopo sa che deve per forza mettere un freno all’inventiva, e capire la storia. Conoscere i personaggi.
Tace. Dialogare va bene, anzi è necessario: ma mai abbandonare il silenzio. È l’elemento sul quale osservazione e riflessione prendono vita. Senza di esso non c’è che bla bla bla.

 


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