Ancora un consiglio: leggendo le bozze, cancellate, dov’è possibile, gli attributi e gli avverbi.
Anche Cechov faceva parte del partito, se vogliamo chiamarlo in questo modo, che guarda alla scrittura come un processo di cancellazione. E anche lui, consiglia di prestare attenzione ad attributi e avverbi.
Dopo questa frase, spiega il motivo:
Quando scrivo: “l’uomo sedette sull’erba”, si capisce, perché è chiaro e non trattiene l’attenzione.
Forse di tutte le possibili spiegazioni che si possono dare su che cosa sia l’efficacia nella scrittura, questa è quella che ci riesce al meglio. E mi pare che offre persino un buon esempio su come comportarsi, o meglio, su che cosa si deve lavorare.
L’attenzione del lettore deve essere per le cose importanti, mentre spesso viene occupata da una pletora di termini che servono solo a distrarlo. Esiste il rischio che la cancellazione porti a una spoliazione eccessiva della storia, infatti Cechov ne è consapevole. Scrive di cancellare dov’è possibile. Non bisogna essere nemici degli avverbi e degli attributi.
Ma non sono certo loro quelli capaci di rendere una storia almeno interessante. Perché la magia riesca, diventa essenziale scrivere in maniera che la letteratura entri nel cervello di colpo. Altrimenti, aggiungo io, resta fuori a prendere freddo, e muore di polmonite.
L’efficacia nella scrittura è una faccenda che temo non si possa insegnare affatto, al massimo si riesce con molte letture a capire cosa è bene evitare. Di questo però ho già detto a sufficienza.
Quello che mi pare sempre interessante è la consapevolezza che gli autori hanno quando scrivono. Comprendono al volo come la lettura, e la pazienza, riescano alla fine a confezionare una prosa efficace. È un tratto che li accomuna tutti, non credo che esista qualcuno che scrivendo possa affermare che è “buona la prima”. La prima è quello che è, quindi tutto o niente. Non è affatto detto che lavorandoci si arrivi da qualche parte, questo lo sanno tutti, immagino; però aiuta e non poco.
Quello che deve essere chiaro è che la scrittura è anche depositare sul foglio le parole giuste, e in seguito iniziare un dialogo con la storia. Spesso questo non avviene perché la si considera una banale materia che modelliamo, e dalla quale non abbiamo nulla da imparare, o da ricevere.
Questo modo di pensare secondo me è fallimentare. La storia insegna all’autore, sempre. Chi non lo crede possibile non ha capito niente, e questo purtroppo non gli impedirà di raggiungere un vasto successo.
Quello che so, quel poco che so, è che alla fine la storia, se l’autore è stato in grado di ascoltare, lo farà apparire migliore. Che lo sia davvero, o che lo diventi, è un’altra questione.