Sono 50 milioni i bambini nel mondo che non hanno accesso a strutture scolastiche. La soluzione più probabile arriva dall’India, dove un decennio fa a Sugata Mitra gli venne in mente di fare un “buco nel muro”
Le intenzioni del regista sono nobili: ricordare al pubblico che il mondo reale va oltre la mezz’ora di telegiornale che si guarda durante la cena. Oltre 50 milioni di bambini al mondo non hanno accesso alla scuola ed il problema è ancora troppo poco considerato anche dalle organizzazioni internazionali che sarebbero in grado di mettere in campo le forze necessarie. Tuttavia, come notava il buon vecchio Ditano dopo la proiezione, l’uso (abuso) della colonna sonora in alcuni angoli della storia risulta evidentemente troppo emotivo. Occhio velato, magone per tutti e poi a casa rimbrottando i bambini di non andare a scuola con lo stesso entusiasmo dei protagonisti.
Ma parliamo della soluzione, o della più probabile, che è stata casualmente trovata da un insegnante d’informatica di New Delhi: Sugata Mitra.
Per fare tutto ciò è necessario un computer ed una connessione internet: i bambini non solo devono poter lavorare autonomamente ma hanno la possibilità, in qualsiasi momento, di comunicare con un volontario a loro disposizione e reperibile su Skype.
Broadcasting, collaborazione fra bambini e “granny cloud” (incoraggiamento e ausilio da parte delle signore volontarie dall’altra parte dello schermo) sembrano essere le 3 parole chiave di un’idea che ha vinto il TED-Prize 2012 corrispondente ad 1 mln $ da investire nel progetto.
Proprio guardando “Vado a scuola” si capisce come parte dei bambini che non hanno accesso ad una educazione primaria vivano in angoli del mondo così lontani dai centri urbani da rendere impossibile la presenza di un insegnante. Come visto, il budget necessario è incredibilmente basso se paragonato al costo richiesto dal sistema convenzionale; un grande passo in avanti nella battaglia per l’educazione infantile.