E non parlo del pugno – sappiamo benissimo che piaga sia la violenza sulle donne in America Latina – ma dell’indifferenza della gente, dell’inazione dei passanti che aggirano, scavalcano, eludono quel corpo quasi fosse un manichino, senza nessuna pietà, senza nessun soprassalto collettivo contro ciò che avviene sotto i loro occhi. In quei tre minuti di video è andata in scena l’Italia che anziché soccorrere si volta dall’altra parte. Coscienza, etica, senso civico, solidarietà, questo paese li ha respinti da tempo. Stanno su qualche gommone, a un milione di chilometri dai nostri cuori.
Tutto ciò è triste. Perché ricordo che all’indomani del terremoto in Abruzzo venne non poco elogiato il popolo italiano, pronto alla solidarietà e al soccorso nei confronti dei bisognosi. Però la solidarietà si esprime bene a distanza, meno quando c’è da agire nell’immediato. E ci si vergogna della gente, dei nostri concittadini quando non prestano soccorso a una persona a terra. Non soltanto a sette ore di fuso orario o a tre di volo, ma pure a mezz’ora di metropolitana. “Io lì non c’ero”, si pensa per lo più. Chi c’era, invece, è passato avanti. Qualcuno sinceramente ignaro, qualcun altro facendo finta di niente. È l’egoismo del momento che si trasforma nell’indignazione a posteriori.