Si tratta di un articolo uscito nel 1997 presso gli “Annali della Scuola normale superiore di Pisa. Classe di lettere e filosofia”, pp. 273-327, ora liberamente disponibile perché depositato nell’archivio istituzionale dell’Università di Milano. Gli “Annali”, infatti, almeno nel momento in cui scrivo, risultano non accessibili in rete. Questo è un danno grave per la disseminazione, la discussione e – in ultima analisi – l’effettiva valutazione dell’eccellenza della ricerca umanistica italiana, a cui l’autoarchiviazione da parte degli autori e le politiche a favore dell’accesso aperto imposte da alcuni atenei possono rimediare solo molto parzialmente.
Il Protagora ha sconcertato molti interpreti, perché sembra lasciare l’immagine di un Socrate edonista, che indulge ad argomenti francamente sofistici per avere la meglio sul suo interlocutore. L’articolo di Andrea Capra, riannodando i suoi temi attraverso operazioni di contestualizzazione sie interne al corpus platonico, sia esterne, mostra che è possibile dargli un senso filosofico coerente.
Socrate ha di fronte un interlocutore che rifiuta esplicitamente il modello della techne perché pensa che il sapere etico-politico dipenda dall’opinione comune e sia di natura retorica. Questo gli rende difficile usare la logica della definizione tassonomica, perché Protagora non ne riconosce neppure le premesse, e gli impone un cambio di strategia.
- Socrate, alla maniera di Protagora, abbraccia l’opinione dei più con la tesi, dialetticamente depurata, dell’equazione fra bene e piacere.
- Mostra che anche chi crede che il bene sia uguale al piacere, per deliberare correttamente, ha bisogno di una tecnica di misura che soppesi i piaceri e i dolori esito di ciascuna azione.
- E conclude, contro Protagora, che la misura di tutte le cose non è l’uomo, bensì la scienza, perfino dal punto di vista ristretto di una morale coerentemente edonistica.
Il combinato disposto con il Gorgia mostrerà poi che questa tecnica della misura, che si occupa del benessere e della sopravvivenza fisica. è soltanto un’arte umile, e non può ambire alla formazione della perfezione umana di cui Protagora si professava maestro, Ma la tesi edonista, da sola, è già sufficiente a spezzare l’incanto della retorica prendendola, per così dire, in parola.
Questo ipertesto dedicato al Protagora perviene a una conclusione molto simile, valendosi però di un percorso in parte diverso, perché più dipendente dal Menone e dal Fedro. Il fatto che per raggiungere una stessa meta si possano seguire itinerari differenti contribuisce a rendere verosimile l’ipotesi di una struttura ipertestuale del corpus platonico nel suo complesso.