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Anita Ekberg e il triste tramonto di una fatua mondanità

Creato il 20 gennaio 2015 da Retrò Online Magazine @retr_online

Nei giorni che hanno seguito il suo decesso, il web all’ impazzata ha ricordato Anita Ekberg e lo ha fatto nel più prevedibile e contristato dei modi, commemorandola cioè quasi unicamente per la sua partecipazione al capolavoro di Fellini spartiacque della storia del cinema europeo – La dolce vita –  e nemmeno ripescando nella memoria generale della pellicola, ma pressoché unicamente in quella scena di spenta e notturna mondanità dove la bellissima svedese si accompagnava ad un Mastroianni che annoiato e mezzo addormentato la coccolava facendosi ammaliare presso la fontana di Trevi. Il più rappresentativo e piacente attore italiano nel mondo immortalava sé stesso e una bionda di bellezza indicibile nel luogo più turistico della città più amata del cosmo.

Ignorata per molti anni, a tratti giustamente dimenticata, solo venendo a mancare Anita Ekberg ha destato lo scintillante e un po’ superficiale interesse di molti giornalisti.

Dei trascorsi “altri” della bella svedese, antecedenti o postumi all’ esperienza felliniana, si è parlato poco, presumibilmente perché poco c’è da dire. Anita Ekberg apparve nella mediocre ma decorosa trasfigurazione statunitense (co-prodotta con noi italiani) di Guerra e Pace (1956) nei panni della conturbante e sensuale Elena Kuragina cui seppe trasferire una forte carica di infedeltà muliebre.

Tornò al servizio del regista riminese in Bocaccio70, noto film a episodi di smaccata fabbricazione italiana (oltre a Fellini, gli altri registi che parteciparono furono Visconti, De Sica e Monicelli, al quale nel montaggio definitivo venne giocato il pessimo tiro di eliminare l’episodio per il mercato estero.)

Non potrebbe certo dirsi che la sua carriera cinematografica – protrattasi fino ai primi anni duemila – ebbe vita effimera, né certamente però che visse di un’anima propria, autentica.

Della cara e a tratti un po’ scomoda Ekberg rimangono però testimonianze preziose che ripercorrono un’Italia uscita dal dopoguerra legata all’ industria cinematografica e non solo.

La prima, iperbolica, su Giovanni Agnelli (l’ uomo della mia vita”), con fui ebbe un flirt. La seconda, emersa dopo la sua scomparsa, è un attacco al vetriolo, per certi versi inaspettato quanto scandaloso, al Fellini che tanto la rese celebre. L’ intervista è stata per sua volontà pubblicata soltanto dopo la sua morte, quindi non è motivata da un sentimento di mera necessità di notorietà, anche se alcuni Grandi della storia ci hanno abituato a casi quasi imbarazzanti di “amor proprio postumo” (con tutta la buona volontà, non sembra questo il caso). Del più stimato autore di cinema della storia del nostro cinema nel mondo (al pari di Luchino Visconti) emerge un ritratto di aberrante disumanità che ha scatenato qua e là un putiferio tra i cinefili, specialmente nelle discussioni sul web. Fellini secondo Anita Ekberg- cioè seconda una donna (oggetto?) che con lui ha lavorato davvero- è un provinciale”, “un uomo falso che diceva malissimo dei suoi colleghi (anche di Antonioni e Visconti) e – dulcis in fundo – un autore reo di rubare idee degli altri.

E’ in realtà un gesto che produrrà probabilmente l’effetto contrario a quello sperato dall’ attrice. Che le persone di grande ingegno e fama non abbiano una personalità amorevole è cosa di larga frequenza e, nondimeno, addirittura apprezzata, anche se nella fattispecie più che un dissidio romantico nella personalità di Fellini emerge una mera antipatia “secolare”.

Di Federico Fellini però, a differenza di Anita Ekberg, rimarrà l’ opera omnia. Cosa invece  è rimasto di lei se non la fatua e splendente mondanità dell’immagine che si è portata dietro? Invecchiare con dignità non è semplice, specialmente per chi ha vissuto molto dei proventi del suo fisico più che del suo talento. In difficoltà economiche, nel 2011 chiese il sostegno della Fondazione Federico Fellini (gli stranieri non posso infatti godere della Legge Bacchelli). Al di là di ogni facile moralismo si dimostrò una scelta quantomeno poco dignitosa. Anita Ekberg non è invecchiata bene e il suo crepuscolo si è rivelato triste anche nel giorno del suo “spento” funerale. Dietro il luccichio della gloria nel cinema come in tutta l’ arte si nascondono veli di malinconiche storie umane di fallimenti e declini.

QUI potete consultare la pagina wikipedia di Anita Ekberg.

Tags:anita ekberg,federico fellini,la dolce vita

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