Del matrimonio di Kity e Levin ho letto fuori, vicino alle piante di limone, sulla sedia a dondolo, in pieno sole, in canottiera. Una settimana fa sembrava già primavera e adesso, che primavera secondo il calendario sarebbe davvero, fa un freddo cane, ma meglio così, per i miei gusti. C'è tempo per il caldo, ché se partiamo con le temperature della scorsa settimana a marzo ad agosto muoio.
Era ora che si sposassero Levin e Kity comunque, mi sono sempre piaciuti insieme e tifavo affinché lei capisse quello che provava per lui. Ma perché, mi chiedo, nei libri lo capisci fin dall'inizio chi finirà con chi? Non sarebbe bello, o almeno utile per una pura questione temporale, riuscire a guardare dall'esterno la propria vita, come se fosse la vita di qualunque personaggio letterario, in modo da capire dopo poco come si evolveranno le cose? Oh, a me piacerebbe.
È superfluo dire che Tolstoj fornisce un'accurata (e lunga) descrizione del matrimonio di Levin e Kity? Sì, lo è: se sintetizzasse non sarebbe Tolstoj.
La loro felicità pian piano prende la forma della quotidianità e i due piccioncini si accorgono che non è tutto rose e fiori, che ci sono aspetti su cui non sono d'accordo, che a volte si deve per forza bisticciare. Si trovano immersi in un amore normale, molto felice, in ogni caso. Ma la felicità è presto interrotta dal peggioramento delle condizioni di salute di Nikolaj, fratello di Levin. Sta morendo, stavolta davvero.
Tutti sapevano che presto e inesorabilmente sarebbe morto, che era già morto a metà; tutti si auguravano una cosa sola, che morisse al più presto, ma tutti, nascondendo la verità, gli porgevano la boccetta con lo iodio, cercavano medicine e dottori e lo ingannavano, ingannando se stessi e gli altri.Devo chiedere scusa a Kity per averla poco sopportata all'inizio, perché in questa fase, nel momento in cui Levin aveva più bisogno di lei, lei c'è stata, come io mi sarei aspettata. È riuscita a far breccia nel cuore del cognato morente, è riuscita a rendergli gli ultimi istanti vita il più dignitoso possibile. Sì, è stata proprio in gamba e sarà all'altezza dell'uomo che da così tanto tempo l'amava.
Sull'altro fronte Anna e Vronskij nel loro viaggio europeo arrivano anche in Italia, dove restano per qualche tempo immersi nell'arte, soprattutto nella pittura, con cui prova a cimentarsi lo stesso Vronskij. Quando tornano in Russia trovano una società che non li accoglie più, che li evita come appestati, soprattutto lei, Anna, colpevole di aver tradito il marito e di aver abbandonato suo figlio Sereza in nome di una futile passione materiale, forse pure temporanea. Lei si sente esclusa e inizia talvolta a dubitare dell'amore che Vronskij nutre per lei. Tra loro si percepisce qualche scricchiolamento, attutito dal fatto che lui mette per il momento da parte l'orgoglio e la verità dei suoi sentimenti per dire a lei quello che lei vuole sentirsi dire e non quello che lui vorrebbe davvero dirle. La vede così triste che vorrebbe solo riuscire a tirarle su il morale, ma lei si sente sola e sente il suo cuore spezzato per l'assenza di suo figlio. Perciò, dopo aver inutilmente tentato di convincere Aleksej a farle incontrare il figlio, di prima mattina trova il modo per intrufolarsi nella sua vecchia dimora fino ad arrivare alla stanza del piccolo Sereza. A lui era stato detto che la mamma era morta, ma non c'aveva mai creduto e continuava a cercarla ogni volta che usciva da casa. Finalmente in quella mattina può di nuovo abbracciarla, può di nuovo sprofondare in quella stretta piena d'amore, ma è giusto un attimo, perché sta arrivando Aleksej e non deve trovare Anna lì, in casa sua, con suo figlio. Lei è costretta a fuggire come una ladra, correndo giù per le scale, senza aver neanche consegnato al suo bambino i giocattoli che aveva comprato per lui il giorno prima. Chissà se madre e figlio si rivedranno ancora nelle restanti trecento pagine. E chissà che fine farà il freddo Aleksej, chissà se Lidija Ivanovna riuscirà a far breccia nel suo cuore... Lei ci si impegnerà di sicuro.