“Non si può scrivere/per salvarsi l’anima./Lei, data per persa, passa avanti e canta” è scritto nell’esergo di Maria Luise Kaschnitz, che apre la raccolta di Anna Maria Curci “Inciampi e marcapiano” (Lietocolle, 2011); mentre di quest’ultima leggiamo: “Ormai soltanto questa m’è rimasta/la libertà del folle, del giullare./Col cranio raso o le trecce da rasta/non può, non sa far altro che cantare” (Narrenfreiheit). Non si scrive dunque “per salvarsi l’anima”, il poeta, come il folle, canta perché “non sa fare altro che cantare”. Lo scrivere consente proprio questa libertà: di spaziare tra le infinite combinazioni di suoni, immagini, parole e pensieri. Un sentimento, quello di libertà, che mal tollera ostacoli (“inciampi”) e delimitazioni (anche spaziali, come i “marcapiano”, appunto), con cui dobbiamo però nostro malgrado convivere. Ma le poesie del libro, paradossalmente, non sembrano parlare – in misura preminente, almeno – di “inciampi” e “marcapiano”, ma del loro superamento, proprio in nome di quella libertà che sa guardare oltre i limiti e la finitezza del tempo e delle cose. Per questo i testi paiono svincolati da una coesione di temi, di stile, di tono? Si coglie in essi il richiamo a un equilibrio classico, come l’intendeva Goethe, pervaso di armonia, profondità e bellezza; non senza i chiaroscuri, però, che la vita di ogni giorno ci riserva (“Moto proprio ha l’amore/nonostante il rovello,/cerca caparbio il bandolo/che tu celi in eterno” – La cifra; “Tuo solo viatico il tendere/alla luce, nel quotidiano/dividere il fardello,/e una sete insondabile e perenne” – La postulante). La danza discreta dei versi sostiene una certa propensione ludica, e un’arguzia ed un’ironia sottili nel tradurre ciò che gli occhi e la sensibilità colgono (“Il gioco forsennato benedice,/lo sporgersi dal sé e al sé il rientro;/nuoto sincronizzato pure apprezza/che di stilemi ha coraggio e contezza.//Incide la parola, taglia, esplora,/ad altre si congiunge spudorata./E’ sensata? E’ sensuale e non s’arresta/il moto natatorio che la spinge./…” – Notazione, forse natazione). Una scrittura, questa di Anna Maria, in cammino (trattandosi della sua prima raccolta), ma con esiti compiuti che possono suggerire solo possibili direzioni (“”Abbìnati ai tempi” sento dire/alla giovane sfinge interpellata,/arbitro unico di (f)utile eleganza,/più Petronio pensoso che Medusa placata.” ; “Su algide piattaforme operative/infuriano tenzoni inaspettate/con disinvolti sgorbi e strafalcioni/a dar vigore ad armi un dì bandite.”; “Il pensiero, una sciarpa?/Il ricordo, la storia?/So solo che non strozza,/ma discerne e riannoda.”. gn
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Anna Maria CURCI
Inciampi e marcapiano
Lietocolle (2011)
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Narrenfreiheit (*)
Ormai soltanto questa m’è rimasta:
la libertà del folle, del giullare.
Col cranio raso o le trecce da rasta
non può, non sa far altro che cantare.
Non già come un ascetico usignolo,
ché tira giù e scanzona quel bisogno
cui poi non sa che opporre, da pignolo,
stracci scagliati dell’antico sogno.
(*) in tedesco il termine indica la libertà di dire o fare ciò che salta in mente. Si tratta della libertà concessa a chi non gode di grande considerazione, Narr era il buffone di corte.
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Notazione, forse natazione
Il gioco forsennato benedice,
lo sporgersi dal sé e al sé il rientro;
nuoto sincronizzato pure apprezza
che di stilemi ha coraggio e contezza.
Incide la parola, raglia, esplora,
ad altre si congiunge spudorata.
E’ sensata? E’ sensuale e non s’arresta
il moto natatorio che la spinge.
Pare ai vuoti che aneli a farsi sfinge
la dissennata, folle, la sublime.
Scarnifica sé ed altri e si rimpingua
di fantasmi fumanti di immersioni.
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Scirocco gelido
E’ uno scirocco gelido
quello che soffia ancora
e sproloquia e minaccia
e agita la mal’ora
Va in scena il ghigno vuoto
e non teme più freni
chi dalla buca aizza
i bassotuba osceni
che fan della memoria
una sguattera a ore
e sbagliano pure l’anno
del mese più crudele.
Il pensiero, una sciarpa?
Il ricordo, la storia?
So solo che non strozza,
ma discerne e riannoda.
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Lasciatemi essere
A Etty Hillesum
Lasciatemi essere
un cuore pensante
tra cielo e palude
tra anelito e beffa
Non so fare altro,
eppure opponete
inutile pianto.
Lasciatemi essere.
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Back on the Chain Gang
Già, potrebbe librarsi,
se volesse,
più in alto della somma
anima bella.
Ecco, invece, dismette la veste
Di troppo sazia tonda levità.
Rallenta il passo,
raccoglie la catena.
In marcia, in colonna,
forzata tra i forzati,
sceglie di proseguire.
*titolo di una canzone dei Pretenders