Anni da quando, passando per la piccola stazione dalle mura scrostate, entravo nella sala d'aspetto. Ieri, stessa desolazione. Stesso odore di povertà stantia, stesse panche di legno con la loro scomodità ancestrale. Stesso sportello chiuso, stesse cartacce. I muri no. I muri erano stati ridipinti, effettivamente, qualche anno fa. Sparite le svastiche degli skins che mi terrorizzavano al ginnasio, gli slogan dei tifosi superati dalla fusione della squadretta locale con quella del paese vicino. Ora, sulle pareti si rincorrono insulti e pettegolezzi di ragazzini che, quando io prendevo gli stessi treni da liceale, facevano le elementari. Le ragazze di cui si favoleggiano a pennarello le abilità sessuali/equilibristiche sono probabilmente le sorelline delle ragazze dal trucco pesante che una volta ci guardavano dall'alto in basso. E la multiculturalità è arrivata anche qua. C'è un "Diana y Plutarco se aman", e non posso fare a meno di notare che è confermata la mia teoria nata seguendo il calcio, e cioè che i sudamericani, più son poveracci più fanno a gara a mettere nomi altisonanti ai propri figli. Non che sia tutto rose e fiori: non fai in tempo ad assaporare la latinità di un'espressione rumena come "Te iubesc mult" che subito noti la croce celtica accanto, e poi una terza scritta "italieni de merrda." Da queste parti l'integrazione è una guerra senza vincitori nè vinti, e si combatte ogni giorno mentre una generazione se ne va e un'altra arriva, e il paesino sembra una coperta troppo pesante che tutti si vogliono scrollar via. E questa laurea è l'inizio o la fine del mio viaggio? E questa laurea è l'inizio o la fine del mio viaggio? E questa laurea è l'inizio o la fine del mio viaggio? E questa laurea è l'inizio o la fine del mio viaggio?
Pubblicato da JonLivingstone | Commenti (1) Tag: domande esistenziali, dolceamaro, vita di andrea aka jon





