Senza dubbio il film meno riuscito della regista spagnola Isabel Coixet, Another Me, presentato in concorso all’ottava edizione del Festival di Roma, è un thriller psicologico dall’evoluzione e dall’esito alquanto scontati. Ambientato in Scozia, il film vede protagonista Fay, una giovane studentessa che inizia a sentirsi perseguitata da un suo doppio intento a rubarle l’identità. La spiegazione di questo enigma va ricercata nel suo passato e Fay scoprirà una verità nascostale dai genitori sin dal giorno della sua nascita.
Sebbene la felice mano della Coixet si senta molto nella costruzione delle atmosfere, con un’attenzione minuziosa e quasi poetica alle luci e all’elemento sonoro, il film purtroppo si fa notare soprattutto per i suoi difetti. Difetti rintracciabili principalmente nella sceneggiatura. Tratto dal romanzo di Cathy McPhail, lo script a firma della stessa regista si snoda infatti in uno sviluppo narrativo piuttosto banale, in cui il tema del doppio viene affrontato attraverso i classici stilemi già proposti decine di volte dal cinema (basti pensare ai film di Brian De Palma e prima ancora, ovviamente, di Alfred Hitchcock) e dove il mistero si scioglie con estrema facilità con dialoghi e trovate eccessivamente superficiali e sbrigative.
Sicuramente l’intento della Coixet non era di certo quello di realizzare una pellicola di genere strutturata su una sceneggiatura forte, solida e articolata ed appare evidente che il suo obiettivo fosse più di ogni altra cosa firmare un’opera di suggestioni visive, come tra l’altro conferma la sua filmografia precedente. Ma il risultato non rispecchia gli intenti di base. Perché nonostante nei film di genere come Another Me, costruiti su evoluzioni psicologico-soprannaturali, non sia per forza necessaria una sceneggiatura senza sbavature ai fini della sua riuscita – non dobbiamo essere di certo di noi a ricordare gli script non entusiasmanti dei migliori film di Dario Argento, daProfondo rosso a Suspiria -, in questo caso non si avverte un impianto visivo tanto affascinante e tanto espressivo della condizione psicologica della sua protagonista da porre in secondo piano il racconto e la linea narrativa.
Ne esce fuori dunque un film irrisolto, in cui la suspense riesce a salire fin quando il gioco estetico della Coixet funziona. Quando poi purtroppo il racconto scade nella banalità, anche la messa in scena si perde in essa coinvolgendo la protagonista Sophie Turner, ottima solo nella prima della pellicola, e non riuscendo a risollevare le sorti del film.
Another Me segna dunque un passo falso nella carriera della regista spagnola, uno di quelli in cui è normale che bravi autori come lei prima o poi possano cadere. La speranza è che già dal prossimo film ritorni a convincere.
Di Antonio Valerio Spera per Oggialcinema.net
Foto: Federica De Masi per Oggialcinema.net