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Ansia e depressione, la psicoterapia è online

Da Renzo Zambello

 

Ansia e depressione, la psicoterapia è online

L’ansia e la depressione si possono curare anche attraverso internet. Da tempo questa ipotesi si sta sviluppando ad esempio in supporto di chi soffre di anoressia, ma anche di disturbi ossessivo-compulsivi di vario tipo. Alcuni ricercatori hanno inoltre puntato l’attenzione sull’ansia e sulla depressione, testando direttamente diverse forme di comunicazione online. E’ il caso di Simon Gregory, uno psichiatra del gruppo Health Research Institute di Seattle che ha condotto uno studio sul trattamento di follow-up realizzato attraverso una chat afferente ad un sito di assistenza sanitaria.

Il test ha riguardato 106 persone affette da depressione, selezionate in modo casuale dopo un iniziale trattamento terapeutico, a cui sono seguiti 4 mesi di controlli e valutazione dei progressi via chat. Ha spiegato lo stesso Simon:

“Conviene, il paziente non deve assentarsi dal lavoro per la terapia, è più comodo del telefono ed altrettanto efficace. Le persone si sono dimostrate soddisfatte della loro cura, più propense a prendere i farmaci secondo le istruzioni e sono migliorati i sintomi della depressione”.

Un altro studio similare, condotto presso la Drexel University di Philadelphia ha invece utilizzato la videoconferenza via Skype per trattare le persone affette da disturbi ossessivo-compulsivi (o OCD), comodamente dal salotto di casa. L’obiettivo è quello di fornire ai pazienti dei terapisti altamente specializzati (non sempre facili da individuare nella propria città) in grado di offrire le cure più appropriate anche a distanza. Finora il progetto ha dato discreti risultati, anche perché l’utilizzo della webcam favorisce il superamento dell’ansia da parte dei pazienti in terapia.

da:  http://www.medicinalive.com  

Commento del Dott. Zambello 

Io vengo da una formazione ortodossa, analisi tre sedute alla settimana e astinenza completa da ogni contatto extra  setting, il quale chiaramente  era delimitato dallo studio  del terapeuta. Finito il training mi sono accorto che le richieste, soprattutto il linguaggio  che le persone usavano  stava cambiando, era cambiato.  La gente non comunicava più via lettera o sempre meno, non andava più o non solo,  in biblioteca per cercare una informazione, c’era internet.  Pensai  che non  potevo rimanere chiuso  nella mia “torre” e aspettare che qualcuno venisse a  bussare. Fui uno dei primi psicoanalisti  ad avere un sito web e iniziò un’esperienza bellissima dove piano piano mi accorsi che il mio compito come medico e psicoanalista era si di aiutare in  quanto potevo chi chiedeva il mio aiuto  ma, utilizzando il linguaggio, le modalità di chi mi contattava. Ero io che dovevo adattarmi, conoscere i “linguaggi” di chi mi cercava. Feci una scoperta che in qualche modo cambiò definitivamente il mio modo di essere medico: il mio compito non era quello di  imporre il mio linguaggio ma di cercare,  trovare il modo in cui potevo comunicare  all’altro.  Aveva ragione  Hans Georg Gadamer quando scriveva: “Chi ha il linguaggio, ‘ha’  il mondo.”

Poi, nello specifico dell’articolo, io non credo  il problema sia se una tecnica del genere  funziona o non funziona ma, con chi, con quali obbiettivi  e  ancora:  è la modalità  “migliore” per quella situazione,  quella  persona?  Ma, a pensarci bene,  questo è il lavoro che deve fare ogni medico quando ha davanti un  paziente e deve prima capire cosa “sta dicendo”, chiedendo e,  poi, proporre la sua terapia che non deve  mai essere “preconfezionata”,  standard,  ma sempre  personale.

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