Mi riferisco al disturbo d’ansia generalizzata che molto spesso si associa ad una depressione mascherata rendendo difficile per lo psicoterapeuta distinguere quale sia il disagio prevalente. L’ansia generalizzata infatti è fra i disturbi d’ansia quello associato con la più alta percentuale di coesistenza di due o più patologie diverse nello stesso individuo (comorbilità). Chi soffre di ansia generalizzata molto spesso tende a somatizzare e il quadro sintomatologico è ibrido e appesantito da un umore e pensieri depressivi. Sovente infatti, queste persone vengono curate farmacologicamente contro la depressione.
In realtà l’ansia generalizzata richiederebbe fosse valutata come un disagio a sé stante e non confusa con la paura dell’attacco di panico né con l’ansia ossessiva, ad esempio la paura di essere contaminato o l’ipocondriaca, o la paura di apparire in pubblico e così via. Chi soffre di ansia generalizzata apparentemente non avrebbe motivo di essere preoccupato, eppure viene percepita dal paziente come talmente pervasiva da mettere in fibrillazione tutto l’Io. Tutta la concentrazione del paziente è perennemente focalizzata su sentimenti fortemente apprensivi che hanno come oggetto i familiari, il lavoro, la salute e il futuro. Queste persone vivono costantemente nell’attesa che succeda qualcosa di brutto a se stessi o alle persone loro care. La conseguenza di questo continuo stato di tensione mentale e fisica è che il sistema neuro-vegetativo viene continuamente attivato con problemi pressori, cardiaci e gastroenterici ma, soprattutto ne risentono i rapporti interpersonali e affettivi. Molto spesso queste persone hanno delle difficoltà lavorative e i loro rapporti affettivi sessuali sono fortemente alterati.
Che fare? Non è una risposta facile per il terapeuta anche perché spesso lo stesso sintomo è confuso sotto una malcelata depressione o somatizzato. E’ chiaro a tutti che la risposta più ovvia e immediata è il farmaco. Però mai come per il disturbo d’ansia generalizzato i farmaci che sono un fondamentale coadiuvante a breve termine, non sono un trattamento risolutivo, anzi rischiano di innescare meccanismi di dipendenza. E allora?
Le possibilità sono due o una terapia comportamentale dove il paziente impara a contenere l’ansia, a non farsi pervadere e a limitarne i più possibile i danni relazionali, o una terapia psicodinamica dove l’ansia viene considerata la “punta di un iceberg”. Lo scopo della terapia è svelare quei conflitti profondi che emergono nel sintomo ansia, e l’esito positivo della terapia consisterà nella capacità che acquisirà il paziente di usare l’ansia come un segnale di un conflitto che lo obblighi all’introspezione e quindi alla comprensione ed elaborazione. Non sarà più vittima dell’ansia ma la userà come un campanello di allarme che gli permetterà di “frequentare” il suo inconscio.
Ansia e Psicoterapia: http://www.youtube.com/watch?v=Y3w7qjuiink&feature=share&list=UUoTxYh6e1uDT-uCIipVWFCQ&index=5
Depressione e psicoterapia: http://youtu.be/nRbevPsh5_I
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