È venuto il momento di dar voce al dissenso. Un appassionato appello “dal di dentro” al mondo editoriale perché si opponga alla deriva in cui sta scivolando e ritrovi il coraggio di svolgere responsabilmente il proprio ruolo. Perché il destino dell’editoria – e della cultura – riguarda tutti noi: in gioco c’è il nostro futuro.
La crisi morde. È una crisi economica, politica, sociale, che ha origini lontane e ha investito pesantemente anche il mondo della cultura. Uno dei punti di osservazione privilegiati per cogliere la gravità dello sbriciolamento dell’industria e dell’impresa culturale e individuarne le cause è il mestiere dell’editor: uno dei mestieri più belli al mondo. Così si crede almeno. Leggere libri e scegliere quali pubblicare: che cosa si può immaginare di più stimolante e gratificante?
Forse è stato vero un tempo. Forse. Adesso, però, dopo un trentennio di ideologia neoliberale, la logica di mercato ha finito per permeare anche il lavoro culturale. L’editoria è ormai considerata un’impresa come le altre e come le altre si mostra superficiale e irresponsabile. Da questa constatazione nasce il resoconto molto personale di un editor dissidente, che ha conosciuto dall’interno questa trasformazione.
E si è pentito di non aver intrapreso altre strade finendo per partecipare, sebbene controvoglia e suo malgrado, al declino di quell’universo, al tradimento di un ideale. Ma la storia non è già tutta scritta. La speranza può contare sulla volontà di tanti. L’editoria è morta? Viva allora una nuova editoria. Per il bene di tutti.
L’autore ha lavorato a lungo nel campo editoriale e preferisce restare anonimo. Ma potrebbe essere uno dei tanti editor che silenziosamente dissentono.
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Editor dissidente
È questo il modo in cui finisce il libro
et al./edizioni
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