La Barilla non è più italiana e usa grano ammuffito e radioattivo?
L’articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.
Questo appello a proposito della Barilla circola, in numerose varianti, almeno da metà febbraio (Facebook, 18/2/2012):
CI RISIAMO…..
Ciao!
BARILLA non è più italiana ma americana e usa grano con tassi di micotossine altissimo (ammuffito),derivante da lunghi stoccaggi al prezzo più basso possibile.
l’UE nel 2006 ha alzato con un colpo di mano i livelli accettati di micotossine presenti nel grano duro, di modo che tanti paesi potranno produrre grano duro in climi non adatti badando solo alla quantità, distruggendo i contadini del sud Italia il cui grano non contiene
micotossine e portando al fallimento le industrie sementiere mediterranee.Per esportare pasta in USA – Canada il grano deve avere un tasso di micotossine di circa la metà di quello che la UE accetta per le importazioni di grano duro dagli stessi paesi, così succede che:
- I prezzi internazionali del grano duro crollano.
- i commercianti italiani e i monopolisti internazionali acquistano al prezzo più basso possibile da contadini che hanno bisogno di soldi per pagare i debiti, per poi speculare quando tutto il grano è nei loro magazzini (ammuffito)
- gli stessi commercianti esportano il grano migliore italiano all’estero lucrandoci sul prezzo e importano grano ammuffito e radioattivo dall’estero per avvelenare il pane e la pasta venduti in Italia.Boicottare la Barilla è cosa saggia perchè dobbiamo comprare solo pasta da grano duro coltivato in Italia e Biologico, senza micotossine, né pesticidi né OGM.
E’ presente con i seguenti marchi:
Motta, Essere, Gran Pavesi, le Tre Marie, le Spighe, Mulino Bianco, Pavesini, Voiello, Panem.FAI GIRARE
PS: E’ MEGLIO PER LA SALUTE CONSUMARE PASTA INTEGRALE BIOLOGICA!!!!
…………………..
LA VOSTRA SALUTE VE NE SARA’ GRATA….
Questa è un’altra variante molto diffusa (Nocensura.com, 25 aprile 2012):
Parte dalla rete la protesta contro l’Impresa di prodotti alimentari più famosa d’Italia: la Barilla.
L’azienda, non più italiana ma americana, usa grano con tassi di micotossine altissimo, e quindi ammuffito, derivante da lunghi stoccaggi, al prezzo più basso possibile.
Ma perché accade ciò?
La storia risale al 2006 quando l’Unione Europea decise di alzare i livelli di micotossine presenti nel grano duro in modo che anche gli altri paesi, con climi più sfavorevoli, potessero produrlo. Una decisione basata su fini puramente commerciali. Oltre ad impoverire la qualità dei prodotti, infatti, la manovra rappresentò un duro colpo per i contadini del Sud Italia. Quest’ultimi, il cui grano non conteneva micotossine poiché lavorato naturalmente, furono meccanicamente esclusi dal mercato europeo.
Il discorso però era, ed è, diverso per i paesi d’oltreoceano. Per l’esportazione del prodotto in Usa e in Canada i parametri cambiano. In questo caso il grano deve avere un tasso di micotossine pari alla metà di quello accettato dalla UE per le importazioni.In questo modo è successo che:
I prezzi internazionali del grano duro di riflesso sono crollati, circostanza favorevole per i commercianti italiani ed i monopolisti internazionali che hanno potuto acquistare il grano al prezzo più basso possibile dai contadini meridionali, messi alle strette dalle direttive europee. Questi stessi imprenditori hanno esportato poi il grano italiano migliore all’estero, lucrando sul prezzo, per poi portare da noi prodotti realizzati con il grano ammuffito, accumulatosi nei depositi, e radioattivo.
Alla luce di ciò il web, attraverso i social network, sta diffondendo il messaggio per boicottare la Barilla, principale azienda responsabile di questo disastro alimentare, incentivando gli utenti ad acquistare solo prodotti graminacei coltivati nello stivale e di agricoltura biologica.
Operazione non semplice visto che la Barilla è presente nel mondo con i marchi con il più alto valore commerciale: Motta, Essere, Gran Pavesi, le Tre Marie, le Spighe, Mulino Bianco, Pavesini, Voiello, Panem.
La protesta sta raccogliendo consensi e già esistono liste di discussione dove è possibile trovare un’ alternativa di prodotti, completamente realizzati in Italia e non OGM, da poter sostituire al colosso americano.
A volte l’appello circola con la garanzia apparente di una “Dott.ssa Giuliana Icardi – Universita’ del Piemonte Orientale”, i cui dati personali spesso includono l’indirizzo postale e di mail e il numero di telefono e di fax.
L’appello contiene una lunga serie di asserzioni, nessuna delle quali è supportata da uno straccio di fonte. Già questo, in partenza, dovrebbe spingere l’internauta prudente e razionale a non disseminare notizie non documentate e che non offrano fonti; anche i soliti ingredienti dell’antiamericanismo, della multinazionale senza scrupoli, dell’avvelenamento pianificato della popolazione, dei controlli sanitari inesistenti e della soluzione facile e ambientalisterica al grande problema di turno dovrebbero insospettire. Ma sono proprio questi gli elementi che fanno presa sulle emozioni e inducono molti utenti a copiaincollare su Facebook e inoltrare a tutti via mail questo genere di appello.
Riemergo ora da un lungo periodo nel quale non ho potuto dedicarmi pubblicamente a indagini antibufala corpose e vorrei quindi riprendere creando questo articolo come punto di raccolta di informazioni e discussioni, da espandere e aggiornare man mano che emergono nuovi dati. Se sapete di più di questa storia, scrivetemi o segnalate fonti e dettagli nei commenti; nel frattempo faccio il punto di quello che ho trovato finora.
C’è una risposta di Barilla che dichiara che “Barilla non utilizza materie prime geneticamente modificate e i livelli di micotossine o contaminanti sono sempre ampiamente al di sotto dei limiti fissati dalle normative sulla Sicurezza Alimentare [...] poiché Barilla è il maggiore produttore di pasta al mondo e il più grande utilizzatore di semola di grano duro (oltre 1,400,000 tonnellate trasformate all’anno), la produzione nazionale non sarebbe sufficiente per coprire il fabbisogno [...] Barilla utilizza semole che provengono per oltre il 70% da grani italiani. Sono circa 30.000 gli agricoltori che coltivano grano per Barilla in Italia. Per il restante 30% ci approvvigioniamo principalmente dal Nord America.”
C’è Ilfattoalimentare.it, che liquida l’appello come una bufala “avvincente, ma priva di fondamento”,. Tuttavia le fonti linkate sono nel frattempo scomparse o vaghe.
Durodisicilia ospita una discussione fra coltivatori piuttosto illuminante che smentisce gran parte di quanto affermato nell’appello.
Le asserzioni dell’appello
1. “BARILLA non è più italiana ma americana”. Questa è una bufala oltre ogni ragionevole dubbio. Chi ha partorito e diffuso l’appello non ha nemmeno dato un’occhiata alla storia della Barilla sul sito dell’azienda o su Wikipedia. La Barilla fu acquistata dall’americana Grace alla fine del 1970, ma Pietro Barilla la riacquistò nel 1979.
2. “usa grano con tassi di micotossine altissimo (ammuffito)” Non viene fornita nessuna prova.
3. “L’UE nel 2006 ha alzato con un colpo di mano i livelli accettati di micotossine presenti nel grano duro”. Non viene fornita nessuna fonte. Sergio Lup* ha trovato documenti che a suo parere sono la normativa europea corrente sulle micotossine, datata 2006, e quella precedente. Cinzia Cip* mi segnala di aver “trovato quanto detto dalla direttiva europea del 2006 (che è stata seguita da altre normative come è giusto che sia)” (link alla direttiva) e delle informazioni sulla direttiva italiana presso Ermesagricoltura.it.
4. “I prezzi internazionali del grano duro crollano”. Le fonti già citate indicano che invece i prezzi sono saliti, ma sarebbe opportuno avere qualche dato in più. Sergio Lup* segnala che l’andamento dei prezzi del grano duro degli ultimi 13 mesi è su ISMEA e che c’è un articolo del Sole 24 Ore sulla situazione dei prezzi nel 2007; ha inoltre trovato, in una tesi per un dottorato, “una serie di grafici (con relative citazioni di fonti) che sembrano confermare che dal 2006 il trend dei prezzi è in salita (con un picco mostruoso nel 2007 se non erro), conferma presente anche [in] uno studio (un po’ datato) della camera di commercio di Matera che contiene anche un’analisi del mercato internazionale (par. 2.5)” (link)… Un po’ di grafici anche qua.”
5. “gli stessi commercianti esportano il grano migliore italiano all’estero lucrandoci sul prezzo e importano grano ammuffito e radioattivo dall’estero per avvelenare il pane e la pasta venduti in Italia”. Non viene fornita alcuna prova a supporto dell’asserito ammuffimento e della radioattività. La presunta radioattività, in particolare, sarebbe facile da verificare anche nel prodotto finito.
6. “Barilla è presente anche con i seguenti marchi: Motta, Essere, Gran Pavesi, le Tre Marie, le Spighe, Mulino Bianco, Pavesini, Voiello, Panem”. Il marchio Le Tre Marie risulta ceduto al gruppo Sammontana nel 2008 (Corriere.it 10/6/2008). Secondo un messaggio di Luca Virginio, Direttore Comunicazione e Relazioni esterne di Barilla, pubblicato su Osasapere.it, “i marchi Motta e le Spighe non sono mai appartenuti a Barilla, mentre il marchio Panem è stato ceduto nel 2003 e Tre Marie nel 2008”.
Delle sei asserzioni principali dell’appello, due risultano fasulle. Non è un buon inizio.
Ho contattato la dottoressa Icardi per avere chiarimenti. Mi ha risposto che “e’ sicuramente una bufala; ho ricevuto questa mail da una collega di Torino e pensando fosse di lavoro l’ho tranquillamente aperta, ma evidentemente conteneva un virus che si e’ appropriato delle mie credenziali e ne sta facendo un uso improprio; io e la mia amministrazione stiamo valutando di informare la polizia postale.”
Questo articolo vi arriva grazie alla gentile donazione di “renato_mau*”. Ringrazio Crusaderky, Giulio.Forn* e Stefano.Ferr* per le informazioni reperite.
Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.