Ho ascoltato l’intervista di Terry De Nicolò, una delle tante escort di colui che lei stessa chiama l’Imperatore. Ho ascoltato quello che acutamente Concita De Gregorio su Repubblica di ieri ha definito il suo “trattatello immorale”.
Ho ascoltato allibita le sue parole.
Giampaolo Tarantini è “un mito, un uomo che è riuscito ad ottenere il successo, ad arrivare all’apice”.
“Quelli che lo calpestano, che lo condannano in realtà sono invidiosi”. Sono quelli che “vivono cent’anni da pecora”.
“Se vai in istrada e chiedi a una donna di andare da Silvio ci va a piedi, correndo anche”.
“Se tu sei una bella donna e ti vuoi vendere tu lo devi poter fare. La bellezza ha un valore. Se tu sei racchia e fai schifo te ne devi stare a casa. La bellezza è un valore che non tutti hanno e viene pagato come la bravura di un medico”.
“Quando sei onesto non fai un grande business, rimani nel piccolo. Se vuoi aumentare i numeri devi rischiare il culo. Più in alto vuoi arrivare e più devi passare sui cadaveri”.
“Se sei pecora rimani a casa con duemila euro al mese. Se invece vuoi ventimila euro al mese ti devi mettere sul campo e ti devi vendere tua madre”.
È un sistema che sta corrompendo i giovani. Non illudiamoci che si tratti di pochi casi isolati. Come sottolinea Concita “A chi dovesse obiettare che si tratta ‘solo’ delle opinioni di una prostituta faremo osservare alcuni dati di cronaca recente. Nei licei le ragazzine di sedici anni – non tutte, parecchie – hanno il book fotografico. Delle ragazze che visitano palazzo Grazioli una viene accompagnata in auto dal padre. Il genitore di una di quelle non ammesse minaccia di darsi fuoco. La madre della giovane che dal bagno del presidente del Consiglio la chiama per dire “mamma indovina dove sono” le risponde brava anziché chiamare la polizia. Il fratello della presunta fidanzata del premier, un giovane dell´hinterland torinese, famiglia operaia, alla domanda: è proprio sua sorella la fortunata? risponde «magari». La professoressa della scuola di Noemi Letizia, all´epoca minorenne, intervistata in tv dice «chi non vorrebbe essere amica di un uomo così potente?».
Di fronte a tutto questo, mi è tornato alla mente il discorso che Steve Jobs tenne nel 2005 all’Università di Stanford. Lo voglio riproporre qui, come fosse un antidoto simbolico, uno dei tanti di cui abbiamo bisogno, ai veleni che stanno soffocando il nostro paese. Ascoltatelo fino in fondo, vale tutto il tempo che vi prenderà.