Quando ho visto le prime scene di questo film, mi è venuta in mente una definizione che in realtà non è molto pregnante ma mi ha fatto riflettere: “è un l’Argent (1928) al femminile“. In realtà, come detto, non è affatto così ma forse la mia impressione primigenea, nasce semplimente dalla descrizione che la Dulac fa del mondo finanziario, dove le persone più grette e meschine mettono il lorointeresse personale al di sopra di quello comune. Tutto questo visto dal punto di vista di una donna. Le vicende si ispirano all’opera omonima di Romain Coolus (1906) che la Dulac aveva attentamente analizzato e recensito nel 1908.
Antoinette Sabrier (Ève Francis), è sposata con il magnate Germain Sabrier (Gabriel Gabrio) a cui deve la sua condizione agiata e di realtiva libertà. Antoinette si sente però trascurata dal marito e intraprende presto una storia d’amore clandestina con il ricco ma sensibile René Dangenne (Paul Guidé). Antoinette è però ancora fortemente grata al marito e nega al suo amante ogni segno d’amore evidente prima di aver chiarito la faccendo con Germain. Succede l’imprevedibile: Jamagne (Jean Toulout), uomo di fiducia di Germain nonché membro della commissione bancaria, anche lui innamorato di Antoinette ma non corrisposto, decide di rovinarli per vendetta. Si appropria quindi di un territorio importantissimo per l’estrazione del petrolio impedendo di fatto al rivale ogni trivellazione. Di fronte a questa inattesa problematica Antoinette è restia a lasciare il marito. In un finale intensissimo lei sarà costretta a scegliere tra Germain e René, conscia del fatto che se mai non sceglierà il marito, egli piomberà in un baratro di vergogna e disperazione. Mettendo da parte i suoi sentimenti, allora, tornerà accanto al marito, che colto da un rinnovato vigore sistemerà al meglio la situazione disperata.






