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Antonio Ligabue: in bilico tra patologia e genialità

Creato il 21 marzo 2014 da Artesplorando @artesplorando

Antonio Ligabue: in bilico tra patologia e genialità

Antonio Ligabue, volpe in fuga

La storia dell'arte ha sempre avuto bisogno dei suoi "matti", dal misantropo Pontormo al folle Antonin Artaud, alla giapponese Yayoi Kusama a Raymond Pettibon. Attenzione però: gli artisti possono essere pazzi, ma non tutti i pazzi sono artisti, come qualcuno invece vorrebbe.E anche in Italia abbiamo il nostro "outsider" in bilico tra patologia e genialità.Antonio Leccabue, al secolo Antonio Ligabue, classe 1899, nato a Zurigo da madre italiana immigrata, espulso dalla Svizzera per molestie alla madre adottiva, e rispedito a Gualtieri, provincia di Reggio Emilia, paese natale del padre, dove morirà nel 1965 dopo essere stato ospite di vari manicomi. Artistoide pazzo o artista pazzoide? Artista senza alcun dubbio, non genio e non grande, anche se, come succede da noi, la fama locale si trasforma in grandezza mondiale a patto che i confini del mondo si fermano a Lugano e non un centimetro più su. Ligabue crea in modo primitivo, disegna e dipinge dall'alto al basso fino a riempire la tela. I suoi soggetti sono la natura, gli animali feroci e da cortile, motori e motociclette. E' una specie di Van Gogh nostrano. Escluso dai ragazzi che andarono a far la Prima guerra mondiale, fu recluso in case di cura e aie di contadini. Così invece che al fronte fu spedito in provincia e lì si abbandonò al libero arbitrio dell'immaginazione, sabbia mobile per la genialità e le idee.Oggi Ligabue è una manna per i professori di educazione artistica: i bambini divorano le sue immagini come se fossero illustrazioni di una fiaba. Le giungle e i boschi che realizza ricordano quelli del francese Rousseau, e sono capaci di parlare a tutti, ai vecchi e ai bambini, ai critici e ai profani.

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