" De la povera che odore! Fermati un popoino e fammi vede' quel che ci hai lì sotto. "
" E' una torta; tanto per mantene' la tradizione, sennonnò ʼun parerebbe nemmeno Pasqua! E sa', a dittela vado a compra' anche la pasimata, e du' fettine le faccio indora' e frigge', proprio come a' nostri tempi. "
" T'ha levato proprio bene! "
" E sa', è di velle di ʼasa, midolle di pane ʼnzuppato nel latte, verdura, òva, latte, zucchero e il bicchierone delle droghe, che po' è ʼl su' segreto. Il sòlo l'ò tirato tutto coll'òva, che è venuto un bigiù. Certo che se la potevo còce al forno della Marietta bonanima, che lo scaldava a fascine, volevi senti' che robba! Ora mi fai ride', co' forni eletrici, mi pare che sappino di luce! Ma ʼnsomma è bòna; un ci pensa' nemmeno. "
[...]
" Te lo riòrdi a' nostri tempi? ʼUn c'era famiglia viareggina che ʼun ni sfornasse quattro o cinque torte e il tortino per i bamboretti; e come si piacevino e com'erino bòne. In tutte le ʼase le donne indafarate a spiana', a rimugina' e po' via al forno; e ci dovevimo fa' la fila, da tante che c'erimo. E per mangialle, avevino voglia di sona' le ʼampane a festa del sabbato santo. Fino a domenica guai a toccalle; e noi bamborette a moricci sopra dalla voglia d'assaggialle, ma era vigilia e a que'ttempi c'era da rispettalla, e come bene! "
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( Antonio Morganti, Pasimata benedetta, da "Tenìmisi strinti, Viareggio di ieri nel mondo di oggi", Il fauno editore )