Riporto in primo piano tre poesie che Sagredo ha disseminato nello spazio commento degli ultimi post.[E.A.]
1.
Se l’Ospizio del Silenzio celebra la disfatta della Solitudine,
come una maschera può tradire la propria parrucca di ciniglia?
È l’origine del trucco che deforma la gorgiera dello specchio
quando ha tremule ciglia come le imposte dell’Obitorio.
E quando il sangue recita il flusso e il battito è alla soglia del suo morire
sull’umida panchina non hai una risposta inaccessibile alla mia rovina.
L’infanzia che mi hai dato in contumacia è fedele alla menzogna,
innocente è il boia: ha il cristallino opaco per miseri massacri.
E sono libero da sogni epicurei e dal censimento di un futuro
che il mio corpo nega ai nastri trionfali e a un carro funebre,
ma sulla via consolare disdegna il mio passo affilato di stiletto
e consuma il mio benestare per un ricatto alle mie stupite ossa!
E non c’è un accordo tra il verme e la mia fuga clandestina
se il commiato è un lascito alla mia licenza di cantare e ricantare…
forse che a mezzanotte le campane esangui dal suono illuminate
hanno mutato una pozza di miseria in macabro prodigio!
Vermicino, 18/23 novembre 2010
2.
In quale piombato scrigno metterò le mie nostalgie accecate
perché l’artiglio del passato non potesse come un accattone
ricattarmi – e non ho la presunzione di un profeta imbattibile
e nemmeno ho tra le mani l’ordito miniato di una fittizia trama.
Midollo della misericordia sostieni il mio furore non alato,
la grassa consolazione dei credenti che giocano agli astragali,
l’omelia rattoppata degli oratori che scagliano spergiuri!
La soglia avanza dietro la candela.
Il becchino della luce getta via il torchio tolemaico.
Il miserere dei morti reclama nudità di cera e scarnite ossa.
Il potente ingoia gemiti strozzati, gli occhi ha di gelatina -
in una fossa la sua voce è battuta dalla lingua!
Come lugubri furono le sue fantasticherie onniscienti, i trionfi mentecatti,
le glorie onnivore: fittizie immortalità che sfidano l’azzardo
di un feretro di nerargilla e di un corpo tronfio dall’applauso dei vermi!
Un inutile e sfarzoso funerale che non declina un tumulo comune gli rimane
o un convegno di lazzari illusi che recitano la tragedia della risurrezione.
Mendicare un credo?
Per rinnovare una fede
o, per millenni, un altro Dio,
come incubo inventato?
Vermicino, 12-15 gennaio 2007
3.
(una strofa del mio poema dedicato a G. C: Vanini)
Nessuna colpa mi tormenta più della mia recisa lingua,
il vino mi ricrea lo spirito della mia parola ammutolita,
ora ho un volto taurino – già il fumo esce dalle froge,
hanno strozzato la mia gola, ma non la mia teologia!
Sono ancora un predicatore dalla duplice dialettica,
cortigiano per sovvertire gerarchie corrotte e giuramenti.
Cospiro con le mie maschere equivoche e innominabili,
la mia ironia è un’arma a doppio taglio per credenti e creduloni,
la mia scrittura il trionfo del finto plagio e della sublime erudizione.
Ho bisogno, come voi, d’imposture, inganni, frodi e provvidenze!
Ho bruciato intere biblioteche per affilare il mio pensiero ambiguo,
distrutto gli statici costumi, sofismi, inganni, istituzioni,
nemico immortale di tutti i poteri politici e religiosi.
Ho amato, prima di me stesso, i filosofi, i poeti e i loro sogni,
ho amato tutta la Natura, ho denunciato il suo inquinamento!
Sto amando questa tortura non voluta più d’un martire cristiano!
Ho giurato sulla mia ostinazione che mi fa morire allegramente!
Ma questa fiamma sale,
già la mia rotula è di carbone!