L’arte raccontata dal professor Flavio Caroli all’interno del programma Che Tempo che Fa condotto da Fabio Fazio ci conduce dentro il mondo del regista Michelangelo Antonioni, al quale, Ferrara, sua città natale, dedica una mostra, “Lo sguardo di Michelangelo. Antonioni e le arti” a Palazzo dei Diamanti. Il quesito posto del professore è, quanto ha dato la pittura al cinema di Antonioni e quanto ha preso?
Non solo regista ma artista completo: pittore, scrittore capace di far dialogare nel suo cinema diversi linguaggi. Autore di un raffinato cinema d


Antonioni è uno dei padri della modernità cinematografica. ” Scopre che i colori della natura sono anche i colori dell’anima, è una teoria che lui ha formulato ed è stato un pioniere nella storia del cinema, perché l’ha applicata nei suoi film”. Con “Zabrinskie Point” nel 1970, la sua eplosione universale, realizzata con la tecnica dello slow-motion, dove tutte le forme volano, creando l’immagine del caos, l’ha fatta proprio per citare l’americano Pollock e la sua arte pittorica. E ancora un’incredibile immagine di colline con sabbia e figure umane che si abbracciano e scivolano, rotolando dentro l’ambiente naturale, confondendosi con esso, chiaro rimando a Mario Schifano e al suo “Tutti morti” dove la scena è la stessa.
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E il viaggio delle citazioni clamorose continua in “Professione Reporter” del 1975 dove la dune diventa forma assolutamente essenziale, fatta solo del rosa del deserto e dall’azzurro del cielo, come in Mondrian dove la sintetizzazione massima è proprio nelle dune e nel blu del cielo. Un omaggio diretto. E ancora il particolare sfondo rosso con un accenno di bianco come nel quadro di Schifano dove viene dipinto un fondo rosso con alcuni richiami della scritta Coca Cola.
Film che segnano la nascita di un nuovo modo di fare cinema, sia in termini narrativi che estetici, accostando la pellicola a opere di grandi artisti, come De Chirico, Morandi, Rothko, Pollock, Burri e Vedova, e offrendo un inedito e suggestivo dialogo tra film e pittura, filosofo assoluto nell’affermare che la dimensione dell’occhio permette di capire, possedere e amare tutto il visibile, offrendoci contemporaneamente gioia.






