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La grande avventura inventata da Salgari

Creato il 17 maggio 2014 da Ilsegnocheresta By Loretta Dalola

downloadProtagonista della puntata de  Il tempo e la storia in onda su Rai 3,  Emilio Salgari; un nome che rievoca immediatamente il sapore avventuroso di pirati ed eroi. Salgari lo scrittore,  coglie un vuoto letterario, più o meno a metà ottocento, si rende conto che quell’Italia ha bisogno di un romanziere che parli della storia e inventa racconti avventurosi. È un ‘epoca di transizione in cui ci stanno il colonialismo, le migrazioni interne-esterne, le città in espansione, fattori filtrati dall’immaginazione di uno che di mestiere fa il giornalista.

Il giovane Emilio arriva a Verona millantando una carriera marinare tutta immaginata, prese tutta la valigia dei sentimenti popolari che avevano agitato fino a pochi anni prima la nostra penisola e la rovesciò su una carta geografica studiata in biblioteca. Non era nato per vivere una vita tranquilla ma tutti i suoi racconti furono  il frutto di studi meticolosi. Tutta la sua opera è  una celebrazione dell’eroismo disinteressato di chi aveva combattuto, un tributo alle dissennate impr

salgari
ese mazziniane, al sacrificio di Pisacane, alla chiamata a raccolta a Roma di tutti i ribelli del mondo. Eroismi troppo presto repressi e disinnescati dai politici e dai diplomatici, ibernati per sempre nella retorica e nell’agiografia dei manuali o abbandonati all’oblio. Sentimenti buoni solo per un romanzo, che solo in un romanzo potevano continuare a pulsare. Così, mentre l’Italia si muoveva verso Adua, Salgari conduceva solitariamente la sua polemica anticolonialista e antimperialista. Così nel 1883  i veronesi si svegliano, trovando la città tappezzata di manifesti raffiguranti una tigre…il giorno dopo compaiono scritte che annunciano l’arrivo di una mangiatrice di uomini…solo il terzo giorno L’Arena  svela l’arcano e annuncia che la tigre è arrivata, leggete!

Un lancio pubblicitario decisamemnte moderno, un marketing clasmoroso che ottenne l’effetto desiderato. Verona risponde e il successo è la conseguenza. Nel 1897 la regina Margherita gli conferisce la Croce di Gran Cavaliere per i suoi risultati letterari. A soli 35 anni.

Quando iniziano a uscire, a puntate, Le tigri di Mompracem è il 1883.  Saghe che inneggiano al coraggio e alla disobbedienza, e rappresentano l’orgoglio di un’altra possibilità, di un altro modo d’essere, una sovversione piratesca della vigliaccheria nazionale e delle altre ingloriose tradizioni di una stirpe di imboscati e di furbi. Anche se nell’ultimo periodo Sandokan e

Jungla
Janez adottano le stesse strategie imperialiste dei loro nemici.

È uno scrittore di fantasia. Luoghi esotici raccontati ma mai visitati di persona se non sulle enciclopedie della biblioteca che raggiungeva in tramvia. Il grado delle sue opere è esclusivamente “letterario”. Le sue pagine nascono da altre pagine, sono reportage di altri libri, non di altre terre. I  suoi personaggi più compiuti devono forzatamente avere nomi stranieri, altrimenti non prenderebbero mai vita: Tremal-Naik, Kammamuri, Sandokan e il più seducente di tutti: Yanez de Gomera.

Particolarmente vicina alla sensibilità moderna, poi, la sua capacità di impastare la vita con la fantasia e di usare soggetti realmente esistiti come James Brooke o il pirata Morgan.  Tanti personaggi e tanti  viaggi fantastici. Suggestioni fiutate da Salgari e portate nella realtà legandosi alla storia. Ma solo sotto il sole dell’Oriente, al riparo della sua luce che confonde tutte le cose, l’avventura di Salgari si unisce a un discorso più vasto sul destino, ai presagi, ai rischi mortali e alle guarigioni miracolose, alle delusioni storiche, ai drammi già vissuti e a quelli ancora da vivere. E lui nel dramma ci vive, la moglie Aida  è affetta da psicosi. Viene ricoverata in manicomio. È una dura prova.  Una prova che non può superare.

Salgari, il disincanto di come erano andate le cose lo aveva incarnato sulla sua pelle, e ne resta  stritolato. Dopo un primo quasi tragicomico tentativo di suicidio, crollò definitivamente quando restò solo, con i quattro figli.  Spezzò la penna tagliandosi con un rasoio il ventre e la gola in un bosco fuori Torino, a 50 anni esatti dall’Unità d’Italia, la sola morte eroica che gli era rimasta. Fu la sua estrema rivolta contro chi si era arricchito con il suo lavoro, gli editori sanguisuga per i quali scriveva “a tutto vapore”, non meno di tre pagine al giorno, e che lo avevano abbandonato in uno stato di “semi-miseria” e di autentica disperazione.

Un finale feroce e maledetto. Un finale di disperazione e miseria.

emilio-salgari
Solo il successo accompagnò questo scrittore nel suo ultimo viaggio. Il grande successo popolare del viaggiatore che Salgari aveva soltanto immaginato di essere.


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