La morte – rinascita
Ogni morte richiama una nascita e, all’opposto, ogni nascita richiama una morte.
Come dice Bachelard:
“…Le grandi immagini che comunicano le profondità… che l’uomo avverte in sé nelle cose e nell’universo… esistono, perché sono cosmomorfe, divengono naturalmente metafore le une delle altre…”.
Perciò il rapporto si sviluppa nei due sensi: morte – nascita, nascita -morte e i riti di iniziazione, quale che sia la loro struttura, non si prestano ad alcun equivoco.
L’iniziazione è infatti il passaggio ad una nuova vita: ingresso, nella società degli adulti, nella società segreta di epoca arcaica o contemporanea (Massoneria, Ku Klux Klan) o nelle società religiose misteriche. Ovunque, nell’Africa nera, in Australia, nell’America indiana, presso i Canachi come presso gli Ashanti, nell’Europa moderna come nell’Antichità arcaica i riti di iniziazione sono vere e proprie imitazioni simboliche della morte e della nascita, che traducono il grande tema analogico: “Verso la nuova vita, attraverso la morte”.
L’iniziazione del giovane nel gruppo arcaico, comporta tre tappe:
- la prima è un’esclusione: il totale isolamento dei giovani in un luogo appartato della boscaglia dove regnano gli antenati defunti. I ragazzi vengono divorati dalla boscaglia per poi rinascere (Jensen). Nel Camerun, il giovane deve attraversare un corridoio sotterraneo in cui maschere spaventose (i morti) lo spiano. Presso i Selknam della Terra del Fuoco i bambini, dopo essersi separati con immenso dolore dalla madre, devono trovare una morte simbolica in un combattimento contro uomini che rappresentano gli spiriti (i morti); da questa morte alla fine potrà nascere una vita adulta.
- La seconda tappa del rituale iniziatico è caratterizzata da torture e operazioni rituali traumatiche: circoncisione, subincisione, dente estirpato ecc. (del resto sappiamo che il dente che cade, nei sogni, è simbolo di morte o di nascita).
- Infine, reintegrato nella società degli adulti, l’iniziato acquista, nella tappa conclusiva, un nuovo nome e prende parte al pasto comune.
Su questi presupposti si fonda anche la morte–rinascita dal punto di vista psicologico: l’uomo vecchio, dopo un processo di mutazione che ha alle spalle una buona dose di sofferenza, di resistenze e di paure, rinasce a uomo nuovo.
E’ la base del processo di cambiamento, che deve comprendere un lento processo di ri–identificazione della persona.
L’uomo non può restare senza una sua identità e molto difficilmente può cambiarla, ma può poggiarsi sulla vecchia identità per costruirne una nuova.
Deve, con un processo di retroazione, ripercorrere i vecchi schemi a ritroso, sciogliere i nodi, disfare le maglie della “vecchia rete”, per iniziare un nuovo processo di differenziazione, lento e paziente, che lo porterà al cambiamento e, quindi, alla guarigione del corpo e/o dell’anima.
Edgar Morin afferma che:
“…Le esperienze elementari del mondo sono fatte di metamorfosi, sparizioni, riapparizioni e trasformazioni, ogni morte annuncia una nascita,ogni nascita deriva da una morte, ogni cambiamento corrisponde ad una morte – rinascita e il ciclo della vita umana è inscritto nei cicli naturali della morte – rinascita…”.
Il paziente che lavora attivamente per il proprio cambiamento, non dà spazio alla superstizione o all’intervento di un destino indomabile. Ciascuno è attore della propria vita, delle proprie azioni e delle proprie scelte, giuste o sbagliate che siano.
E non c’è niente di sbagliato nel non riuscire a cambiare le cose subito. Ognuno ha i suoi tempi, ognuno le sue personali modalità di approcciarsi ad una possibilità di cambiamento. E ciascuno ha la sua propria intelligenza ed il suo personale modo di utilizzarla. Non esistono errori irreparabili, fallimenti. Ogni esperienza, per negativa che possa essere, è un importante bagaglio che ciascuno porta con sé e che, prima o poi, gli tornerà utile per compiere il passo successivo.
Viaggiando, fisicamente o con la mente, ci si accorge che le strade sono tante e ci si trova continuamente di fronte ad un bivio.
Decidere dove andare spesso non è facile, perché ogni scelta comporta, automaticamente, una rinuncia, ma tornare indietro è sempre possibile, ripercorrere il cammino a ritroso, ritornare al bivio e imboccare una strada diversa è sempre possibile. Il cammino sarà più lungo, a volte più tortuoso, ma la meta è sempre là, qualunque sia la strada la meta rimane sempre raggiungibile.
Avere la forza di “lasciar morire” la persona vecchia, accogliendo in sé il cambiamento e ciò che esso comporta è un grande atto di coraggio che, se da un lato porta paura ed incertezza, dall’altro sarà fonte di un’accresciuta autostima, un senso di positiva autoefficacia e di una nuova consapevolezza di sé e delle proprie capacità.
“…Ogni individuo è unico e ogni individuo è numerosi individui che non conosce…” (O. Paz)
Bibliografia
− A .V. V., Enciclopedia della Filosofia, le garzantine, Garzanti, Milano 1981
− Capra F., Verso una nuova saggezza, Universale Economica Feltrinelli, Milano 1988
− Gordon D., Metafore terapeutiche, Astrolabio, Roma 1992
− Haley J., Le strategie della Psicoterapia, Ed. Sansoni. Firenze 1987
− Lewin P., Les cycles de l’identitèe, Inter Editions Masson, Paris 1996
− Morin E., La méthode V. L’identità umana, Raffaello Cortina Editore, Milano 2002
− Morin E., L’uomo e la morte, Biblioteca Meltemi, Roma 2002
− Pacciolla A., Persona e guarigione. Psicologia, religione e magia: fusioni e confusioni, Due Sorgenti, Roma 2000
− Watzlawick P., Change. La formazione e la soluzione dei problemi, Astrolabio, Roma 1974