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ANVIL! THE STORY OF ANVIL (2008) di Sacha Gervasi

Creato il 03 gennaio 2011 da Close2me

anvil! the story of anvilSe lo stesso Michael Moore, l’uomo che ha rilanciato la docu-fiction cinematografica, definisce il documentario di Gervasi come uno dei migliori girati negli ultimi anni, qualche domanda deve pur essere posta.
“Gli Anvil sono un gruppo heavy metal canadese fondato nel 1977 dal cantante e chitarrista Lips/Steve Kudlov e dal batterista Robb Reiner, anche se il loro debutto risale al 1981, anno di uscita del loro primo disco, Hard N’Heavy. La loro carriera prosegue con la produzione di dischi di ottimo livello, di ricerca e sperimentazione. Past and Present (1989) è l’ultimo lavoro con la formazione storica. Due anni più tardi ritornano sulle scene con un nuovo album e nel 1999 esce una raccolta antologica Anthology Of The Anvil. Nonostante le difficoltà nel produrre nuovi dischi la band, che non è mai riuscita a sfondare e non ha mai ottenuto il meritato riconoscimento, per quanto abbia influenzato con la propria musica le generazioni successive di gruppi poi divenuti molto celebri, conserva ancora intatta la verve heavy metal e l’entusiasmo, sempre pronta a prendere un aereo o un treno e a cominciare una tourné, magari in Europa”
Gervasi, giornalista britannico autore della sceneggiatura del divertente The Terminal (diretto nientemeno da Spielberg) firma effettivamente un film unico, intenso, talmente forte nei propri intenti universali da emozionare anche il più disinteressato alla fenomeno musicale heavy metal.
Un viaggio che inizia con il beffardo paradosso che portò gli Anvil ad essere l’unica band dell’epoca a non vedere riconosciuto il proprio talento, soprattutto dal punto di vista economico. Avviene poi il progressivo avvicinamento alle vite di Kudloc e Reiner, legate indissolubilmente nel tempo e segnate da una quotidianità quasi provinciale, interrotta unicamente dalla passione smodata per la musica metal e da saltuari, rocamboleschi tour in piccoli club di periferia.
Una vita costellata di ricordi, disavventure (lo sfortunato concerto in Ungheria è una perla di drammatica comicità), affettuosi sostegni familiari, opportunità mancate ed amare delusioni.
Ma il riscatto è dietro l’angolo perché, sembra suggerire Gervasi, perseverare credendo nel proprio talento può davvero cambiare il proprio destino e l’opportunità di ricevere l’attesa telefonata, che ti farà meritatamente suonare davanti a migliaia di fans, non è poi così remota. Un assunto probabilmente prevedibile, che tuttavia viene sostenuto da circa 85’ di pura emozione. Vergognosamente inedito in Italia.


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