Non ho mai amato particolarmente i seguiti. E anche se dagli stessi ho avuto delle inattese sorprese con Spider-man 2, Il cavaliere oscuro e Hellboy: the Golden Army, una certa dose di stizza rimane sempre. Eppure ci sono di quei caso rarissimi, come questo, durante i quali attendo con una scimmia mostruosa (è proprio il caso di dirlo) che una storia abbia un proseguimento - a dire il vero attendo spasmodicamente anche il seguito di The Avengers, ma per altri motivi. L'alba del pianeta delle scimmie era stato una sorpresa inaspettata. Delicato, a suo modo profondo ma anche capace di fornire delle scene d'azione ben integrate nella storia e con un'intelligenza di fondo mai scontata. A conti fatti era un semplice blockbuster, ma rimaneva un blockbuster fatto da gente capace di raccontare delle storie degne di essere narrate. Il pensare che artisticamente si rimanesse su quelle linee mi aveva davvero reso ottimista e così, quando seppi della lavorazione del seguito, ecco che l'arrapamento scattò. E non pensai neppure che fosse il remake del prequel - o del reboot, per certi versi - quindi la cosa può dirsi unicamente miracolosa. Ma dietro ogni criticone, si sa, c'è sempre un ragazzino che chiede di essere ingannato da delle coccolose immagini su celluloide.
L'umanità è stata ormai decimata dal virus delle scimmie, le quali vivono nei boschi, comandate da Cesare. Ma l'incontro fra le due razze dividerà un mondo già problematico
Certo che noi italiani dobbiamo farci riconoscere sempre. Perché il titolo originale di questo non doveva essere, nonostante l'inglesismo, Apes revolution, ma Dawn of the planet of the apes... ovvero L'alba del pianeta delle scimmie, che è il titolo italiano dato al primo episodio del reboot - il cui titolo originale era Rise of the planet of the apes, ovvero L'ascesa del pianeta delle scimmie. Fatta la dovuta parentesi, quindi, passiamo al film, che... beh... puttana troia, è davvero una figata! E non sto scherzando, è un film bello, davvero tanto, che non mi ha fatto rimpiangere gli otto euro del biglietto. Ma a differenza di come hanno già fatto molti, nonostante il voto molto alto, non mi metterò a decantarlo come un capolavoro. I capolavori sono altri, a mio parere, e questo al massimo può essere un capolavoro nel suo genere. Possiamo quindi dire che è un blockbuster, un film d'intrattenimento, che però nonostante questa sua natura che potrebbe portare a sottovalutarlo in toto, sa esprimersi in maniera intelligente e diretta al grande pubblico, offrendo un ritratto lucido e quasi spietato nelle tematiche che vuole affrontare. Perché anche i film d'intrattenimento possono diventare grande cinema e se una cosa è diretta a un pubblico massificato non è detto che debba essere stupida per forza. Magari non dirà le stesse cose col coraggio che un budget più ridotto può permettere, ma se chi ci lavora dietro è abile riesce a tergiversare questi ostacoli ed a portare a casa il risultato. Apes revolution infatti è un film che si prende i suoi tempi, non integra scene di lotta a caso e quando le mette non si limita a offrire un mero spettacolo di CG a profusione. C'è dell'anima dietro quegli scontri, ci sono personaggi che maturano e una storia che si sviluppa. Una storia che ha le sue dovute ingenuità, dettate dal genere stesso e da dei protagonisti che in un altro contesto sarebbero stati davvero improbabili [cioè... sono scimmie!]. Ma stavolta abbiamo a che fare con un signor narratore: quel Matt Reeves che aveva esordito con quella piccola chicca che era stata Cloverfield, proseguendo poi con Let me in, arduo remake del Lasciami entrare svedese, riuscendo anche in quel caso a trarne un prodotto degno. Qui il buon regista non si limita a fare il mestierante, la sua macchina da presa non è messa in posizioni canoniche per fare un qualcosa di classico è compatto. Il regista si lascia andare a delle trovate visive fantastiche, nella loro semplicità, a dei semplici alzamenti o abbassamenti di volume che però, con la sola presenza o assenza di suono, riescono a stravolgere il senso della pellicola. Il tema della rivoluzione e di come essa può trasformarsi in dittatura fa sfigurare ancor di più quella robetta che è stata V per vendetta, mostrando scene nella loro semplicità molto evocative (la scimmia traditrice a cavallo, per esempio, o come essa uccida un primate che si è rifiutato di obbedire a un suo ordine). Dimostra addirittura che un film come Hunger games poteva emergere da una massa di mediocrità se avesse avuto maggiore coscienza del materiale che aveva fra le mani. A me quella battagliona finale ha fatto venire in mente il buon vecchio Orwell, e nel vedere quelle scimmie che imbracciavano i fucili e massacravano a destra e a manca mi è venuto da pensare ai maiali de La fattoria degli animali, così perfettamente integrati nel loro status da non essere più distinguibili dagli umani. Forse sarà anche per il fatto che noi discendiamo dalle scimmie, accostamento che quindi si fa ancora più forte, ma a questo punto è chiaro che l'essere umano conosce solo e unicamente la violenza come mezzo d'espressione. Ce l'abbiamo nel sangue ed è con questo fatto che dobbiamo convivere. Apprendere questa lezione forse potremo vedere il mondo con occhi nuovi, ed è per questo che il film inizia a finisce col dettaglio dello sguardo di Cesare, così umano pur nella sua natura di scimmia. D'altronde si sa, tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali di altri.
Di recente mi è capitato di imbattermi in critici piuttosto snob e in polemiche sterili circa cosa fosse il vero cinema. Ecco, io ribatto fieramente che questo film può dirsi un degno appartenente della Settima Arte!Voto: ★★★★