Scimmie parlanti armate e a cavallo. Alla faccia del pollice opponibile. I primati di Apes Revolution sono sostanzialmente dei robusti umani, figli di un virus creato dagli uomini che li ha resi più evoluti del previsto. Se lasciate in pace se ne starebbero tranquille nel loro habitat naturale: la foresta. Ma se loro si sono da sempre accontentate del fuoco, l’uomo vuole invece l’energia elettrica e per questa non esita a scomodare il vicino “antenato”. Quanto ne segue è la guerra, esito inevitabile tra fiducie tradite e diplomazie fatte saltare da collaboratori ribelli.
Apes Revolution di Matt Reeves (Cloverfield) è un film imponente, roboante, di grandi effetti speciali. Sul grande schermo lo scontro tra uomo e natura, sulle conseguenze di quanto può accadere se l’uomo forza la vita e la scienza. I danni collaterali sono sicuri. Apes Revolution è una radiografia dell’uomo più che delle scimmie protagoniste. Quest’ultime, creature innocenti, cavie da laboratorio, combattono per la sopravvivenza, a difesa della loro nuova acquisita vita e libertà. Casa, famiglia, futuro, fiducia sono valori limpidi alle scimmie ancor più che agli uomini. L’anomalia è l’uomo, la sua brama di scoprire e dominare, sperimentare e vincere. Ma come ci insegna la fisica, ad ogni azione corrisponde una reazione. E le scimmie reagiscono…
Il contenuto “scientifico” è quindi di grande valore. Interessante anche il loro sui generi cinematografici: si mischiano “sequenze familiari” alla Jurassic Park a stralci da genere horror (la salita di Malcolm alla dimora delle scimmie pare la salita al castello di Frankenstein) ad altri da puro disaster o war movie.
Ma Apes Revolution non arriva con forza allo spettatore. Sembra andare a fondo, ma in realtà si ferma alla superficie. Prova a coinvolgerci davvero ricorrendo a mezzucci come inserimenti romanzati di tipico gusto americano (ad es. il testa contro testa di Cesare con il buon umano Malcolm). Apes Revolution è un grande spettacolo (anche se ne abbiamo visti di migliori e, pur con le dovute differenze, Transformers 4 è molto più riuscito), ma giunti ai titoli di coda lascia ben poco. Presentato come l’anno zero della saga, quindi potenzialmente il migliore della serie, rimane invece solo un nuovo maestoso ma fragile episodio tra gli altri (ben otto!) fatti dal lontano 1968 ad oggi.
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