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Appiccicoso

Creato il 20 luglio 2014 da Unarosaverde

Il mondo oggi appiccica. Ieri il suolo e i muri e le terrazze e le stanze bollivano, oggi sono avvolte da una cappa umida che le schiaccia e le lascia in attesa di un acquazzone che non arriva.

Il fine settimana passa ingolfato dalle molte cose che durante i giorni lavorativi trascuro però lentamente qualche passo sulla mia enorme lista delle cose da fare l’ho mosso e prima della fine del mese un’attività potrò cancellarla. Lo studio del pianoforte iniziato a settembre è andato bene fino ad inizio anno poi ha avuto un andamento molto altalenante: un singhiozzo di note. Non demordo: prima della fine dell’estate quel primo libro lo concludo.

La settimana invece è stata così zeppa di impegni – in parte affibbiati, in parte che mi sono cercata da sola – che poi mi sono serviti due pisoli da un’ora e mezza l’uno, ieri e oggi, per recuperare energia. I pisoli sono la mia oasi. Due giorni di corso a Milano, su un argomento denso che mi ha fatto venire voglia di lavorare bene, un concerto da cagnara e ritmo martedi, di cui ho già scritto, e uno più contenuto e soft venerdi sera, con Suzanne Vega a Sommacampagna, nel veronese, terra che offre un cartellone estivo interessante .  E così sto canticchiando Tom’s diner intervallandola con El Carretero. Americhe.

Ho letto un libro pessimo, di Chiara Gamberale – grazie lo stesso a B. che me l’ha prestato, ma resto dell’idea che è meglio ogni tanto un capitolo delle Donne che corrono coi lupi, per tirarsi su l’autostima. Anzi, guarda: me lo metto in auto e una delle prossime sere te lo porto, insieme a “Puoi anche dire no”, che funziona come una ramazza coi sensi di colpa. Ho investito una piccola parte della liquidazione in uno scanner per libri con cui ho iniziato la seconda fase della digitalizzazione della carta della mia vita. Ho giocato con la macchina da cucire e fatto una fodera a quadrettini vichy di un pouf senza rendermi conto che ho preso male le misure (fare ingegneria sono stati soldi buttati), ma mi sono divertita lo stesso. Ho una stanza che sembra sempre di più quella di una bambina dell’asilo: tutta a quadrettini rosa e bianchi e verdi e bianchi, ancora tanti libri, qualche ammenicolo tecnologico, tanta roba per scrivere e quadri che mi sono stati regalati da amici che sanno dipingere a tenermi compagnia.  Oggi pensavo che sarebbe bello ogni tanto cambiare le stoffe e farle diventare a quadrettini blu e bianchi e azzurri e bianchi. Sempre asilo, comunque. É che a me i quadrettini e le righine piacciono: sono una delle poche eccezioni al monocromo che sopporto. Riconduco l’agitazione a forme geometriche ripetitive e ordinate cos’ mi riequilbrio e mi convinco che funziono. Centrata, vichy, non yoga.

Avrei una gran voglia di farmi una passeggiata senza provare dolore, ma questo è ancora impossibile.

E da domani conto due settimane e mezza alle vacanze, con una commedia di Goldoni in mezzo, ad aiutare a ridere, alcune mail di amici a cui rispondere e il temporale che si avvicina, piano, verso le montagne, pesante di acqua e tuoni.

PS: e questo è il cinquecentesimo post. Un dito di limoncello fatto in casa per festeggiare?!


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