Svendesi cultura, è giusto approfittarne?
Nasce questa libreria, due mesi fa: è vicinissima a casa, è l’unica libreria del paese (eh, sì), e vende libri usati. Ha dentro cose inenarrabili (perché la gente compra Bruno Vespa e poi lo deposita intonso nel cesto dei libri da buttare?), ma anche delle chicche. Una prima edizione di “Via col Vento”, che non comprai perché ne ho una uguale, con la sua copertina di stoffa color arancio; i libri della Medusa, quelli con la sopracopertina verde e bianca, che vengono via a 15 euro su eBay, e che (uno alla volta) di solito compro a 10 euro su una bancarella, a Mantova, durante il festival; uno scaffalino di vecchi Urania (sì, sono andata a vedere se c’era per caso un’altra copia del Dilemma di Benedetto XVI, ma niente…).Insomma, roba che ogni tanto ci passavo, e ci passava mio figlio, un libro oggi, uno ce lo teniamo per il mese prossimo, qualche volta due o tre, e così via.
Adesso chiude.
Vende tutto. No, svende tutto.
Sono entrata ieri e ho chiesto: ma chiude?
Il signore, seduto alla scrivania, con il computerino, le caramelline, e la cassa, ha sorriso triste e ha detto: eh, sìssì, chiudo. Non ho osato chiedere il perché. Posso immaginare. La crisi, le spese, nessuno compra, la cultura, e così via.
Ho preso cinque libri della Medusa: un Dos Passos in prima edizione, uno di Maugham passato attraverso un dopolavoro aziendale della Stipel, il Cral della Sip, la biblioteca comunale di un paese qui vicino (opera sdemanializzata, la biblioteca l’ha buttato via?) e il centro oncologico di non so dove, e via così.
Ho preso sei vecchi Urania, compresa la prima edizione italiana del Crollo della Galassia centrale (chi sa, sa; chi non sa, pazienza) e “Il 27° giorno” e la “Guida galattica per gli autostoppisti” (mi viene da sorridere solo a pensarci).
Ho speso otto euro. In tutto.
Non so, mi sono sentita come se ne approfittassi. Eppure non resisterò, e tornerò. Magari per prendermi Via col vento.