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Apriti…IED!

Creato il 18 luglio 2011 da Stezizzi

Apriti…IED!

Giovedì 14 luglio, nonostante il solleone che picchiava su Milano, molti giovani si sono recati all’open day dello IED, per scoprire novità e soddisfare curiosità sui corsi che la scuola propone per il prossimo anno accademico.

IED, istituto fondato nel 1966 “sull’idea che il sapere e il saper fare devono crescere insieme”, come dice il fondatore e Presidente Francesco Morelli, ha organizzato l’appuntamento APRITI IED dal 13 al 15 luglio: tre giornate di porte aperte dove, oltre a poter ammirare i migliori progetti di tesi realizzati nell’anno accademico 2010-2011 allestiti nell’ambito della mostra di IED Village, i docenti e lo staff della scuola sono stati a disposizione per informare e guidare i futuri studenti ad una scelta consapevole e mirata del proprio percorso di studio e formazione.

Grazie a Roberta Zennaro (Ufficio Comunicazione IED) che mi ha fatto da Cicerone durante l’open day del 14 luglio, ho potuto approfondire direttamente insieme ad alcuni docenti, tra cui anche ex-studenti IED, le tematiche dei corsi da loro tenuti ed il loro punto di vista sulle professioni del futuro negli ambiti del design, della moda, delle arti visive e della comunicazione.

Tra gli ex-studenti classe di diploma 2003, ora docenti da ben 4 anni, ho incontrato Camillo Albanese e Carla César Sergio. Carla insegna Art Direction all’interno del Master in Pubblicità e Art Direction, mentre Camillo si occupa di Graphic Design all’interno del corso triennale post-diploma in Comunicazione Pubblicitaria. Mi spiegano, basandosi anche sulla loro esperienza personale, che lo IED è una scuola che offre le competenze e la tecnica per gestire i software richiesti sempre più a livello professionale nell’ambito grafico. Carla, in particolare, dice che molti studenti, una volta inseriti nel mondo del lavoro, tornano a ringraziarla per gli insegnamenti ricevuti. Questa è la prova che la scuola offre una concreta possibilità di contatto con la realtà del mondo del lavoro attraverso il know-how di docenti che sono anche professionisti del settore, capaci di trasferire competenze e segreti del mestiere.

Il Graphic Design, continua Camillo, è una materia che richiede metodo e struttura. Il Graphic Designer è un “progettista della comunicazione visiva”. Il suo ruolo non è solo tecnico, ma anche culturale, poiché deve essere in grado di comprendere e analizzare le dinamiche dei contesti in cui opera. Gli chiedo da quali scuole provengano, in media, gli studenti capaci di approcciarsi con più entusiasmo alla materia. Contrariamente a quello che mi aspettavo, mi risponde che chi arriva da un Liceo Classico o Scientifico spesso è più motivato di chi proviene da scuole tecniche.

Apriti…IED!

Mostra IED Village, IED Milano

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Mostra IED Village, IED Milano

Poco dopo Roberta mi presenta Serena Sala (IED Moda), sociologa, consulente in comunicazione di immagine e trend researcher per Li Edelkoort, una delle ricercatrici di tendenze più famose al mondo. In occasione della giornata porte aperte, Serena ha tenuto una open lesson sulle figure professionali, le competenze e l’evoluzione degli scenari di riferimento nel mondo della moda. Parlare con lei, anche se per pochi minuti, è stato illuminante. Non per niente mi ha detto che i ragazzi, dopo aver seguito il suo corso, vogliono fare tutti ricerca

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. Ma la ricerca dei trend e degli scenari di consumo, che Serena non ama ridurre al concetto di “cool hunting”, è una materia che richiede molta dedizione e soprattutto la capacità di mettere in gioco sé stessi. Secondo Serena nel futuro della moda ci saranno cose che non avranno più ragione di esistere. Tra queste, il gusto personale come codice estetico. La ricerca dovrà essere orientata a tradurre la realtà contemporanea e la moda avrà un rapporto sempre più forte con la scienza. Si pensi alle tecnologie sofisticate utilizzate dalle industrie tessili per creare le geometrie dei tessuti, come le finiture a plasma, o ai body scanner 3D.

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Mostra IED Village, IED Moda, Milano

Serena cita Issey Miyake e l’algoritmo matematico. Lo stilista infatti, per l’’A/I 2010 ha presentato il nuovo progetto 132 5 dove tutti i pezzi della collezione apparivano come semplici quadrati che, grazie a un particolare algoritmo che ripiega il tessuto secondo la tecnica degli origami, una volta aperti, diventavano camicie, gonne, pantaloni e vestiti. Per questo progetto Miyake si è servito della collaborazione di Jun Mitani, scienziato informatico. Affascinata dalle visioni e previsioni di Serena, non ho resistito al farmi consigliare un testo di riferimento per un approccio alla ricerca dei trend del mercato. Serena mi segnala il libro “Leggere le tendenze. Nuovi percorsi di ricerca per il marketing” di Giampaolo Proni. Segnato e presto nella mia biblioteca personale!

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"Leggere le tendenze. Nuovi percorsi di ricerca per il marketing", di Giampaolo Proni

La mia esplorazione dei corsi procede seguendo l’open lesson sulla professione del Fashion Stylist, tenuta dall’eclettico Filippo Biraghi. Pillole di saggezza da parte di chi la professione l’ha costruita con passione, tenendo conto che spesso l’impatto con la realtà può essere deludente. Quindi la soluzione è una: sapere il più possibile. Una lectio magistralis per il giovane pubblico presente, sbalordito al sentirsi dire che “non sono le persone che scelgono la moda, ma è la moda che sceglie le persone”. Una frase un po’ dura, in realtà utile per far capire che il lavoro di uno stylist, seppur affascinante, non è frutto di una creatività bizzarra. “Il cattivo gusto non esiste. Il gusto non può essere insegnato, può essere solo affinato, migliorato o peggiorato”, afferma Filippo Biraghi. Bisogna avere una cultura molto ampia, essere curiosi di tutto, soprattutto dei cambiamenti della società, per poter capire cosa si nasconde dietro certe rivoluzioni portate dalla moda e trarne delle conclusioni. E poi bisogna essere molto perseveranti e tenaci, perché il fashion system è un mondo con dei ritmi assurdi che spesso non perdonano. A proposito di curiosità…in aula è calato il silenzio alla domanda: “sapete fare un nodo alla cravatta?”. Che dire, rendersi conto che a volte siamo affascinati da una professione ma poi ci perdiamo in un bicchier d’acqua per le cose più semplici è stato davvero divertente.

Incontro Filippo alla fine di questa open lesson e mi faccio raccontare come nasce la sua professione. Mi dice di aver incominciato nel settembre 1991, con l’apertura del concept store 10 Corso Como. Ha lavorato lì per sette anni, durante i quali ha fatto davvero di tutto e si è costruito una cultura propria fuori dall’università. Mi cita Ray Petri, uno dei primi fashion stylist della storia, il quale negli anni ’80 decodificò i messaggi della moda provenienti dalla vita reale per le strade portandoli nell’ambiente astratto di un atelier. Da quel momento l’urban style entrò nel mainstream della moda. Filippo Biraghi è una persona simpatica, realista e dalla personalià mulstisfaccettata. Se ne volete un esempio, provate a sfogliare il suo Flamboyantmagazine e capirete se siete persone curiose o meno

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Apriti…IED!

Mostra IED Village, IED Milano

Gli incontri continuano ed è il momento di Andrea Castelletti, ex studente IED classe 2007, ora Art Director in un’agenzia internazionale. Andrea mi dice quanto sia importante, per essere esperti di comunicazione visiva, capire come si struttura una buona strategia. Lo IED per lui è stata una scuola formativa soprattutto per avergli insegnato ad avere metodo, grazie al know-how di insegnanti che sono anche professionisti del settore. Per avvicinare degli studenti alla professione, Andrea insegnerebbe loro ad avere prima di tutto degli obiettivi. Servendosi d alcune case history, spiegherà attraverso casi reali cosa funziona e cosa no nel mestiere di un art director. Per fare l’art director è essenziale avere una buona cultura generale unita ad intelligenza e, soprattutto, molta ambizione, spiega Andrea. L’opinione di Andrea riguardo la comunicazione dei brand italiani è che questi dovrebbero guardare più fuori dai loro confini, cercando di dare nuova linfa vitale al loro modo di comunicare. In questo contesto, le nuove tecnologie rappresentano sicuramente un’opportunità.

“Allo IED gli studenti devono imparare prima di tutto un mestiere”, afferma Alessandro Innocenti, docente del corso triennale post-diploma in Fashion Communication. I giovani non arrivano con un’idea ben chiara della struttura dell’ambiente moda e il corso ha il fine di metterli di fronte ad una realtà complessa, dove i consumi e le vendite sono tra i principali obiettivi della comunicazione. Tra le case history di successo che mostra ai suoi studenti, Alessandro cita Marvis e Amaretto di Saronno. “Le Aziende oggi chiedono che la gente sia attratta dal punto vendita”, continua Alessandro. Per questa ragione il visual merchandising è il punto di partenza della fashion experience, che dovrebbe continuare all’interno del negozio attraverso un personale sempre più specializzato e capace di consigliare al cliente il prodotto più adeguato alla propria immagine. La figura del commesso dovrà assomigliare sempre più a quella dello stylist. Riguardo al rapporto tra moda e social web, Alessandro ritiene che i brand di moda dovrebbero puntare di più ad incrementare la conversazione online attraverso nuovi tipi di contenuti, spesso assenti. Per il futuro della moda, Alessandro si augura più risorse specializzate all’interno delle aziende e, tra le qualità di un buon comunicatore, la capacità di scrivere e di sapersi relazionare.

Le interviste ai docenti sono state tutte molto interessanti, ma l’ultima parte la voglio dedicare al progetto finale di alcuni studenti che ha particolarmente attratto la mia attenzione. Si tratta del cortometraggio in stop motion “Heartburn”, in mostra all’interno dello IED Village. Accanto allo schermo a plasma su cui veniva riprodotto il video, era riprodotta la piccola scenografia con bambole che sono state manipolate in stop motion. Valerio Alessandro Sizzi, studente dell’ultimo anno in sound design che ha collaborato a questo progetto, mi spiega che le bambole sono di origine giapponese e prodotte dall’azienda americana Jun Planning. La squadra di ragazzi e ragazze del corso in illustrazione e animazione ha effettuato un’operazione di styling su ogni bambola, personalizzando ogni look, dal colore dei capelli all’abito indossato. La piccola scenografia, dove vi è una tavola imbandita da portate curate in ogni minimo dettaglio, crea davvero un’atmosfera suggestiva. A parte una testa sgozzata

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. Il progetto è del corso triennale in Visual Communication e vi hanno partecipato studenti di illustrazione e animazione, sound design e video design.

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Progetto "Heartburn", Mostra IED Village, IED Milano

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Progetto "Heartburn", Mostra IED Village, IED Milano

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Progetto "Heartburn", Mostra IED Village, IED MIlano

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Progetto "Heartburn", Mostra IED Village, IED MIlano

La mia giornata si conclude con una panoramica degli altri progetti degli studenti esposti allo IED Village, dalle collezioni di abbigliamento e accessori moda, ai plastici degli studenti di design. È stata una giornata ricca di spunti di riflessione, della quale porto a casa consigli da dispensare a chi vuole intraprendere certe professioni sempre più ricche di sfumature ed una certezza: il futuro è nelle mani di chi lo sa progettare (cit. Serena Sala, IED Moda).

A Zelda piace: fare nuovi incontri e raccogliere esperienze di studio e di vita. Approfittare di una scenografia in miniatura per sedersi a tavola in compagnia….anche accanto a un “piccolo orrore”

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Apriti…IED!

Zelda Roc in "Heartburn" © Daniela Zizzi

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Mostra IED Village, IED Milano

Mostra IED Village, IED Milano

Apriti…IED!

Mostra IED Village, IED Milano

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Mostra IED Village, IED Milano

Apriti…IED!

Mostra IED Village, IED Milano

Apriti…IED!

Mostra IED Village, IED Milano

Apriti…IED!

Mostra IED Village, IED Milano

Apriti…IED!

Mostra IED Village, IED Milano

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Mostra IED Village, IED Milano

Apriti…IED!

Mostra IED Village, IED Milano

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