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Arabi. Vittime e Carnefici

Creato il 23 luglio 2014 da Gianluca Pocceschi @geopolitiqui

Questa è la storia di un uomo che cade da un palazzo di 50 piani e ad ogni piano ripete per farsi coraggio

Fino a qui, tutto bene

Fino a qui, tutto bene

Fino a qui, tutto bene

Ma il problema non è la caduta

Ma l’atterraggio…

La Haine (L’Odio), 1996

La tragedia araba ha il suono di questo celebre aforisma che apre il film del regista francese Matheu Kassovitz. La pellicola racconta il giorno prima di morire di tre ragazzi, un arabo, un ebreo e uno di colore sullo sfondo delle banlieues parigine in piena esplosione di collera.

La disperazione, la discriminazione e il sogno di poter rovesciare le Pouvoir de l’Etat spinsero Said, Hubert e Vince nel baratro  dell’Odio.

La voglia di partecipazione, l’inettitudine dei governanti e l’aspirazione alla modernità fu ciò che probabilmente nel 2011 mosse  i popoli di Tunisia, Egitto, Libia, Siria, Yemen, e prima ancora dell’Algeria a odiare l’ordine costituito.

La lungimiranza dell’ingenerosa realtà ha riportato alla luce tutte le presunte immaturità dei 350 milioni di arabi.

Scienziati politici obiettano che nelle terre che furono dell’Impero Ottomano sono radicati degli Stati “rentier“, dove il potere politico controlla le risorse tali come il petrolio per aggirare ogni bisogno dei governanti di guadagnare il consenso dei governati.

Sociologi hanno accusato un deficit democratico arabo a causa della loro cultura patriarcale, elemento incoraggiante alla compiacenza e al rispetto verso gli anziani del clan o della tribù e germe di sfiducia verso gli outsiders.

Per i demografi un’ovvia causa di angoscia sociale è stata la pericolosa crescita della popolazione, particolarmente  in città dove milioni di “dislocati” contadini combattono contro le condizioni della vita urbana.

Per molti anni è stato affascinante per gli storici puntare il dito verso l’imperialismo Occidentale. Il potere coloniale,  è stato detto e scritto, ha creato una rottura metabolica nelle società arabe tra privilegiati e elite occidentalizzate e una contrariata “classe di nativi”.

Le frontiere fissate dai “mappatori” europei hanno portato a sistemi di governo difficili da maneggiare che devono galleggiare attraverso le violente maree dei processi di nation – building.

Molti accademici hanno additato l’Islam  come un fondamentale impedimento alla modernizzazione. “Geniali” economisti hanno visto questa religione, che abbraccia un miliardo di persone, con la sua rigida eredità dottrinale immobilizza il capitale e ostacola l’industrializzazione.

Pensatori hanno vociferato che la relazione tra Islam e Stato rappresenta un rebus di difficile contemporanea soluzione.

I popoli arabi probabilmente sono stati le maggiori vittime e i maggiori  carnefici degli ultimi trent’anni.

La democrazia ,Demos (popolo) e Cratos (potere), per molti di loro poteva essere la soluzione a tutti i mali. Partecipazione al governo che maledettamente è stato odiato e sistema “padre” e “madre” del cittadino, molto affine con la cultura patriarcale. Sintesi perfetta? Non per tutti.

Democrazia significa semplicemente colpi di randello dalla gente per la gente.

Oscar Wilde

Foto credit by tnayer.blogspot.com


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