Lo riporta oggi “Il Sole 24 Ore“ intervistando Francesco D’Andria, archeologo dell’Università di Lecce e attuale direttore della Missione Archeologica Italiana. Hierapolis, spiega il quotidiano, ha una necropoli sconfinata con tombe di ogni forma e dimensione, dunque gli archeologi non si erano troppo stupiti, l’estate scorsa, nel veder emergere la cuspide del frontone di una bella tomba del I secolo d.C. Era una come tante. Attorno a lei, però, emergevano anche resti architettonici più tardi, chiaramente bizantini. Così quest’anno hanno cominciato a scavare, coordinati dall’archeologa Piera Caggia del Cnr, portando alla luce i resti di una basilica di IV-V secolo d.C. a tre navate, con un pavimento a intarsi marmorei e con ricchi decori, tra cui il monogramma dell’imperatore Teodosio e la scritta «Ricordati Signore del tuo servo» incisa in greco sull’architrave dell’iconostasi.
Basilica che aveva obliterato tutte le tombe antiche dell’area tranne quella in questione, che è stata anzi inglobata nella chiesa e incapsulata in una piattaforma raggiungibile con una scala. Racconta l’archeologo: «la scala ha il marmo lisciato e consunto dai molti piedi di pellegrini che l’hanno calcato. Ma l’emozione più forte l’ho provata nel vedere l’architrave in travertino della tomba, consumato così tanto dal tocco dei pellegrini da sembrare alabastro». D’Andria parla poi di un graffito sulla cornice della tomba che disegna un monte con sopra una croce (Hierapolis o il Golgota?), di un mosaico che raffigura dei pesci, e delle monete di bronzo di IV e V secolo trovate negli interstizi delle lastre pavimentali della tomba: «Segno chiarissimo di devozione, sono probabilmente le sole sopravvissute tra molte, dopo che nel XII secolo i Selgiuchidi trasformarono la tomba in abitazione».
Sono troppi gli indizi e le coincidenze -si legge- per non convincersi che è proprio quello il luogo dove, secondo la tradizione, Filippo fu sepolto dopo essere stato inchiodato a un albero a testa in giù dal proconsole di Hierapolis, adirato con lui perché aveva convertito molti cittadini e persino la propria consorte. Ci sono innanzitutto i noti testi di II e III secolo che riferiscono della famosa tomba, come la lettera del vescovo Policrate di Efeso a Vittore di Roma che cita i sepolcri di Filippo a Hierapolis e di Giovanni a Efeso, o la digressione sulle «due stelle d’Asia» di Eusebio di Cesarea. Ma ci sono poi gli importanti risultati delle indagini archeologiche italiane di questi ultimi anni che hanno chiarito come il Martyrion non fosse isolato ma facesse parte di un santuario grande e ben organizzato per accogliere i pellegrini.
Francesco D’Andria presenterà ufficialmente la scoperta della tomba dell’apostolo Filippo il 24 novembre 2011 a Roma presso la Pontificia Accademia Romana di Archeologia. Per ora ha scritto un lungo articolo su Biblical Archaeology Rewiev.