Per veri appassionati del genere; tutta la parte iniziale sembra una lunga preparazione alla tragedia.
Dopo tutto il libro esiste per questo: una lunga e dettagliata cronaca che deve raccontare quanto accaduto sulla vetta del mondo alcuni anni fa.
A volte però, nonostante si sia consapevoli del finale, capita di isolarsi un attimo e di ritrovarsi immersi in paesaggi da sogno con il cuore pieno di adrenalina al solo pensiero della scalata.
Sembra quasi di essere sul posto e fare parte della spedizione.
Ci si prepara pensando all’altitudine e a quel punto così alto che incute tanto rispetto.
Poi improvvisamente si emerge da quest’atmosfera sognante e ci si rende conto di essere alle prese con il racconto di un sopravvissuto e tutto diventa pesante ed angoscioso.
E’ la quiete prima di una tempesta che sappiamo non risparmierà molte persone.
Ecco allora che la lettura torna attenta, lenta e quasi speranzosa in un finale diverso dalla cruda cronaca.
Una buona parte del racconto pare quasi non si riferisca ad avvenimenti attuali, ma a cose successe tanti anni prima.
Le storie dei protagonisti delle spedizioni del 1996 si mescolano a quelle dei precursori Mallory e Hillary; sembra una tranquilla serata invernale trascorsa a parlare del passato davanti ad un camino acceso.
Anche romantico, se non fosse che ogni tanto a rovinare tutto arriva il commento di qualcuno che inizia la frase con “era una grande persona…” oppure “non avrei ma pensato che…”.
Ecco allora che l’atmosfera romantica viene spezzata e si ritorna verso quella tragedia che sappiamo inevitabile e così la cronaca torna protagonista.
Quando cominciano ad apparire i primi corpi delle spedizioni precedenti, questi vengono quasi ignorati come fossero parte del panorama.
“All’altezza di 6400 metri, ormai inebetito dal caldo, m’imbattei in un grosso oggetto avvolto in un telo di plastica blu e abbandonato lungo la pista. Il mio cervello, intorpidito dall’altitudine, impiegò un paio di minuti per capire che si trattava di un corpo umano. Quella sera Rob mi disse che pensava fosse uno sherpa morto tre anni prima.
Il sabato trovai nella neve un altro corpo umano, o meglio, la parte inferiore di un corpo.
Pochi degli scalatori che salivano faticosamente avevano dedicato a entrambi più di uno sguardo casuale. Era come se sulla montagna regnasse il tacito accordo di far finta che quei resti essiccati non fossero reali; come se nessuno di noi osasse riconoscere quale fosse la posta in gioco lassù.”
Sostanzialmente questo è il clima distaccato che accompagna il lettore per tutto il tempo che precede l’inizio della fine.
Esattamente, come si diveva prima, la quiete prima della tempesta.
Poi si arriva circa a metà del libro e allora non c’è più il tempo per rilassarsi, resta solamente da proseguire con la lettura fino alla fine del libro e della cronaca.
E’ questo infatti il momento in cui trentatré scalatori, appartenenti a ben tre spedizioni diverse, partono poco prima della mezzanotte per dare l’assalto alla vetta in un tragico giorno da destini incrociati.
Tempo di lettura: 8h 49m