ROMA – nell’Italia della crisi, il Gruppo Armani naviga contro corrente e, secondo quanto emerge dal bilancio cartaceo diffuso in questi giorni dal gruppo, ha registrato un utile netto di 181,6 milioni di euro nel 2011, in crescita del 12,8% rispetto ai 161 milioni di euro del passato esercizio.
Altro dato saliente: l’azienda ha messo a segno una performance tale che i dividendi distribuiti “all’azionista” sono più che raddoppiati, passando dai 30 milioni del 2010 ai 70 del 2011.
La notizie viene dopo quella già diffusa nel maggio quando sono stati resi noti i dati relativi al giro d’affari del Gruppo , che nel 2011 è stato pari a 1,804 miliardi di euro (+14%), e ai margini (l’ebitda si è attestato a 349,9 milioni di euro in aumento dell’8,8%).
Dal documento sono poi emersi altri dati molto significativi. Per esempio, quelli che vedono il Gruppo Armani muovere un giro d’affari indotto al retail di 6,7 milioni di euro. Un valore calcolato considerando le vendite di prodotti a marchio Armani effettuate dai produttori sia appartenenti al gruppo che terzi durante le stagioni P/E e A/I 2011 ed espresso in base ai prezzi al distributore.
Il bilancio rivela inoltre lo stato di salute finanziaria di Armani. La capacità di cassa dell’azienda è tale da consentire un guadagno là dove abitualmente le aziende pagano costi di capitale. Ammontano, infatti, a 7,6 milioni di euro gli interessi maturati sulla liquidità di cui il gruppo ha mediamente potuto disporre nel corso dell’anno.
Armani, nel bilancio, tenta poi di dare una quantificazione alla valenza sociale dell’azienda, attraverso una riclassificazione dei flussi secondo le disposizioni indicate dal Gruppo di Studio per il Bilancio Sociale (Gbs), riclassificazione che evidenzia la distribuzione del valore aggiunto prodotto. Nell’esercizio 2011, dunque, il valore aggiunto netto generato dal gruppo è risultato in crescita del 20% e pari a 650,3 milioni di euro (541 milioni di euro nel 2010). Di questo, il 49% è stato distribuito al personale (salari, stipendi, contributi e formazione), il 22% alla Pubblica amministrazione (imposte e tasse), l’11% all’azionista (i dividendi), l’1% in iniziative umanitarie, culturali e sportive.