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Aromatasi

Creato il 12 dicembre 2013 da Informasalus @informasalus

aromatasi
L’aromatasi è un enzima chiave nella biosintesi degli estrogeni

L’aromatasi è un enzima chiave nella biosintesi degli estrogeni in quanto catalizza la reazione che a partire dal testosterone opera la sintesi di estradiolo (trasforma infatti il testosterone in estradiolo e l’androstenedione in estrone). Chimicamente, è un citocromo (P450) e trasforma l’anello A degli steroidi in un anello aromatico attraverso l’ossidazione ed eliminazione di un gruppo metilico.
L’aromatasi è espressa in molti tessuti, come quelli gonadici, endometriali, placentari, adiposi, muscolari, epatici, cerebrali, connettivali e piliferi (ove si oppone alla caduta dei capelli e alla crescita di peli).
Nelle donne in età feritile l’ovaio è il maggior produttore di estrogeni. Nelle donne in postmenopausa questi ormoni sono prodotti in gran parte dalla conversione periferica degli androgeni ad opera dell’aromatasi. Trattandosi di un enzima caratteristico del tessuto adiposo, i livelli più bassi di testosterone nell’uomo obeso, rispetto al normopeso, vengono messi in relazione alla maggiore attività dell’aromatasi. Non a caso elevate concentrazioni di estrogeni nei maschi si accompagnano tipicamente ad una riduzione della fertilità, ginecomastia e disfunzione erettile.
Nelle donne, alti livelli di estrogeni possono indurre cancro al seno e gli inibitori dell’aromatasi vengono utilizzati nella terapia del tumore alla mammella, ma anche per indurre l’ovulazione nella sterilità e nella prevenzione dell’andropausa.
Alcuni studi condotti sugli effetti degli inibitori dell’aromatasi, in donne con cancro al seno, hanno evidenziato dopo 24 mesi un aumento significativo di testosterone libero e una diminuzione significativa di SHBG (sex hormone- binding globulin).
Si ha un aumento dell’attività dell’aromatasi (con conseguente aumentata produzione di estrogeni) con l’invecchiamento, l’obesità, alti livelli di insulina, deficit di zinco e assunzione di alcolici (no con il vino rosso).
Si ha una riduzione dell’attività dell’aromatasi in caso di riduzione di peso (l’aromatasi è localizzata nelle cellule adipose), abbassamento dei livelli di insulina e uso di flavonoidi (come gli isoflavoni della soia o la quercetina contenuta nelle mele, cavolo, aglio e cipolla).
Nel tessuto adiposo, l’aromatasi è principalmente espressa nelle cellule mesenchimali dei preadipociti indifferenziati e converte l’androstenedione in estrone. La sua attività  varia a seconda dei tessuti, ma è più elevata nel tessuto sottocutaneo di cosce e bacino. In vitro, la sua espressione è stimolata dai glucocorticoidi e dalle citochine infiammatorie, come il TNF-α.
La produzione di estrogeni nel tessuto adiposo aumenta con l’aumento del peso corporeo (gli estrogeni incrementano il grasso a livello sottocutaneo e della mammella, mentre gli androgeni promuovono l’accumulo di grasso a livello centrale o viscerale).
Nell’osso, l’aromatasi è espressa principalmente negli osteoblasti e nei condrociti e i suoi livelli sono comparabili con quelli presenti nel tessuto adiposo. Nell’osso, l’espressione dell’aromatasi locale è la maggior fonte di estrogeni responsabili del mantenimento della mineralizzazione. I substrati che vengono utilizzati per la conversione sono i livelli circolanti di testosterone, androstenedione, DHEA e DHEA-S.
Anche a livello genico l’ espressione dell’aromatasi varia nei diversi tessuti. Nelle gonadi è regolata dall’AMPc e dalle gonadotropine. Nel tessuto adiposo dalla prostaglandina E2 e nel tessuto adiposo e nell’osso tramite un altro promoter dalle citochine proinfiammatorie.
Studi sui topi con assenza di aromatasi hanno evidenziato livelli elevati di testosterone e gonadotropine, di leptina e di insulina, perdita di massa ossea e sindrome metabolica, con insulinoresistenza e obesità localizzata nel tronco. Dopo somministrazione di estradiolo si aveva riduzione del grasso viscerale. Si è osservato un comportamento sessualmente dimorfico nella distribuzione dei lipidi con un aumento dei lipidi nelle femmine nei depositi viscerali, mentre nei maschi si aveva un aumento di deposito nel fegato con steatosi. Si ritiene che l’espressione epatica degli enzimi P 450, coinvolti nel metabolismo di farmaci e steroidi, sia regolata con modalità sessualmente dimorfiche dal GH.
Per ulteriori approfondimenti su questo argomento si rinvia al testo Multidisciplinarietà in Medicina



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