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Arriva giugno: 11 consigli musicali da RCB

Creato il 28 maggio 2012 da Lundici @lundici_it

Continuano gli appuntamenti musicali con i lettori dell’Undici per i quali, ogni fine mese, RCB sceglie 11 dischi da (ri)scoprire. Per voi, con l’arrivo di giugno, 11 consigli musicali che tengono un piede nel presente e uno nel passato, uno in una giornata di pioggia e l’altro in una splendida mattina di sole che ha sempre l’oro in bocca. E’ la musica che propongo tutti i giorno agli ascoltatori di RCB, la webradio che trasmette solo buona musica ad ogni ora del giorno e della notte. Ascoltala adesso con iTunes, Windows Media Player, Winamp o Real Player, se hai un iPod, un iPhone o un iPad scarica l’App ufficiale di RCB. In ognuno di questi casi buon ascolto!

Keep You Close

La band è matura e fa grandi cose già da un po’, ma con Keep You Close sembra voler fare ancor più sul serio. Tom Barman e soci lasciano sullo sfondo la matrice alt-rock e le piacevoli invasioni in territori grunge, elettronici sperimentali ed anche jazz per concentrarsi sul rock puro. A dar maggior peso ed enfasi a questa svolta, accorre alla loro corte in Belgio anche Greg Dulli degli Afghan Whigs (un piacere risentire parlare di lui!) che compare in due cortissimi momenti in Twice We Survive e Dark Sets In. Per la critica i dEUS non sono ormai più da tempo l’innovativa e interessante band belga in grado di rivoluzionare il sound indie e li hanno già da tempo sostituiti con i nuovi idoli del momento a loro volta sostituiti da altri idoli del momento e così via. Per me rimangono un ottimo esempio di rock band moderna che marcia al passo dei tempi, perfettamente consapevole dei propri mezzi e del suo posto nel panorama musicale europeo e mondiale. Mi viene spontaneo da dire: ce ne fossero di band così!

Music for People

Il consiglio di un amico su Ping me li ha fatti conoscere. La scintilla è scattata immediatamente e ho ascoltato Music for People per giorni e giorni. E’ un gran bel rock quello cantato e suonato da Jon Crosby, leader dei Vast, gruppo di AustinTexas etichettato come industrial rock. Sound pulito, forte ma non duro, gran chitarre (più acustiche che elettriche), perfette melodie. E’ un disco meraviglioso, sono troppo contento di averlo scoperto!

Metals
Let It Die ce l’ha rivelata nel 2003, The Reminder ce l’ha confermata nel 2007 e ora, a quatto anni di distanza dal suo ultimo album, Metals ce la restituisce in una forma sublime e contemplativa delle bellezze del mondo e della musica. Sì, perché è questo quello che mi trasmettono la musica e la voce di Leslie Feist: un piacevole senso di bellezza condivisa che sento arrivare direttamente dalla contemplazionedella natura che ci circonda. E’ un vero piacere ascoltare Metals, musica rigenerativa per menti e corpi stanchi, linfa vitale per sopravvivere alle fatiche quotidiane e sperare in un mondo migliore. Consigliato!

Darkest Light
Tenetevi stretto questo Darkest Light perché è un consiglio musicale molto speciale, di quelli che sorprendono e lasciano il segno. Jono McCleery è uno davvero bravo, capace di scrivere oneste, intense e se vogliamo anche semplici canzoni con quel qualcosa in più che ti colpisce proprio per la formula perfetta, per l’alchimia generale che è stato capace di creare. Canzoni scritte, suonate e cantate molto bene, ce ne fossero di dischi così!

The High Country
E’ da un po’ di tempo che Willy Vlautin, leader dei Richmond Fontaine, si dedica con successo (molto successo nella sua America) alla scrittura. Scrivere canzoni è diverso da un scrivere un intero romanzo, ma un album intero di 17 canzoni può tranquillamente essere visto come un romanzo o, meglio, come un concept album. E’ questo quello che riescono benissimo a fare i Richmond Fontaine con The High Country, canzoni che raccontano l’amore tormentato tra un meccanico e una commessa di un negozio di ricambi di auto, due loser che un giorno si danno un appuntamento in un bosco dell’Oregon e decidono di scappare via insieme da quella terra dimenticata dal sogno americano dove tutti finiscono sempre per ubriacarsi di birra e whisky ogni venerdì sera. C’è molto Raymond Carver nelle storie raccontante da Vlautin e si sentono molto i Wilco, i Calexico e gli Eels nelle canzoni suonate dal quintetto di Portland. Il risultato finale dell’intera opera è secondo me di altissimo livello, The High Country va ascoltato con calma e per questa volta non dimenticate assolutamente di avere il libretto con i testi da leggere perché vi perdereste davvero molto. Consigliatissimo!

The Singles Collection
Non amo particolarmente le raccolte, preferisco risalire sempre all’album in cui un brano era originariamente inserito. E’ una questione di principio, sono abbastanza metodico e preciso nell’organizzazione della mia libreria musicale. Mi piace sapere che brano c’era prima e dopo quello che mi interessa, che copertina aveva il disco, in che anno è uscito, cose così. Detto questo, ci sono casi in cui una raccolta fa molto comodo e se non avete voglia di ripercorrere la straordinaria carriera di David Bowie spulciando vecchi dischi The Singles Collection fa proprio per voi. Si parte con Space Oddity, Changes e Starman, si passa attraverso Life On Mars?, Rebel Rebel e Young Americans, si chiude con Let’s Dance, China Girl, Modern Love, Blue Jean, Absolute Beginners senza dimenticare che ci sono anche Heroes, Ashes to Ashes, e Under Pressure. Tutto molto bello! Da avere!

New Blood
“No drums, no guitars”. E’ senza batterie e senza chitarre che Peter Gabriel dona nuova linfa a 15 delle sue canzoni più belle insieme alla figlia Melanie (bravissima in Downside Up), alla vocalist norvegese Ane Brun (che non fa per niente rimpiangere Kate Bush in Don’t Give Up), alla New Blood Orchestra di 46 elementi diretta da Ben Foster e all’arrangiatore John Metcalfe. A ben guardare l’operazione non risulta nuova (vedi Symphonicities di Sting uscito poco prima) e le basi per questo disco Peter Gabriel le aveva già messe nel precedente Scratch My Back, riuscito disco di cover arricchito dall’orchestra e nei concerti all’Hammersmith Apollo di Londra. Il risultato è decisamente buono, anche perché è veramente difficile rovinare canzoni come In Your Eyes, Mercy Street, Red Rain, Solsbury Hill. Partendo da The Rhythm of the Heat (capolavoro!) l’ascolto diventa subito interessante e ci si ritrova catapultati nell’universo di Gabriel, bellissimo paradiso musicale dove tutto suona sempre benissimo.

Destroyed
Mi piace ascoltare spesso Moby e Destroyed, il suo ultimo album, si presta sempre molto bene al piacevole ascolto in diversi momenti della giornata. Dai suoni di Moby trapelano grandi atmosfere, spazi infiniti, senso di tranquillità e semplicità. L’album è stato concepito come una colonna sonora per città deserte alle 2 di notte, composto in stanza d’albergo in giro per il mondo durante il suo ultimo tour. Melodica musica elettronica di un artista ispirato che non innova più, ma che ci sa sempre molta fare!

PopArt
Emblema assoluto del concetto di Pop Music, leader indiscussi di vendite a livello mondiale, i Pet Shop Boys sono l’incarnazione vivente degli anni ’80 e le loro canzoni hanno il potere di accendere la scintilla della pop dance melodica che sembra banale ma non lo è. PopArt – the Hits è la loro raccolta più completa, 35 brani per tuffarsi nello splendido e divertente mondo di Neil Tennant e Chris Lowe, il duo britannico di musica pop elettronica migliore al mondo!

Junk of the Heart
Dai, diciamocelo, sul ritornello di Junk of the Heart (Happy), il singolo che dà il titolo al terzo disco dei Kooks ci siamo caduti tutti. Non c’è niente da dire, l’hanno proprio azzeccato, lo canta anche mio figlio che ha 3 anni “I wanna make you happy, I wanna make you feel alive, Let me make you happy, I wanna make you feel alive at night, I wanna make you happy …… tonight. Yeah“. Parole sante cari Kooks, c’è molto bisogno di divertirsi, uscire e stare bene. Avete anche scritto e suonato melodie perfette ad accompagnarle e per me rimanete sempre i ragazzini un po’ furbetti che confezionano canzonette molto piacevoli che si ascoltano sempre volentieri.

Picture Book
Picture Book, primo disco dei Simply Red, rimane nella storia per essere stato un dei dischi d’esordio più folgoranti degli anni ottanta. Fu folgorante non solo per la chioma riccia e rossa che agitava Mick Hucknall, storico leader della band, ma anche perché Money’s Too Tight (To Mention), il loro primo singolo, debuttò direttamente nella top 20 inglese e nella top 5 italiana. Un grande successo che, tra alti e bassi, da allora i Simply Red hanno saputo ripetere anche nei successivi dischi. Ho tanti ricordi legati a questo disco e mi piace ancora ascoltare Come to My Aid, Heaven, Money’s Too Tight (To Mention) e Holding Back the Years. Praticamente indimenticabile!

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