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Art Spiegelman. Co-mix. Una mostra al Centre Pompidou

Da Leragazze

Art Spiegelman. Co-mix. Una mostra al Centre PompidouSi è aperta nei giorni scorsi a Parigi, nella Bibliothèque Publique d’Information del Centre Pompidou, una retrospettiva sui 45 anni di carriera artistica di Art Spiegelman, dal titolo Co-mix. Une rétrospective de bandes dessinées, graphisme et débris divers.

Il lavoro di questo artista statunitense è costituito, per l’appunto, da un mix di racconti brevi, pubblicazioni su diverse riviste americane underground (Real nulp, Young Lust), ma anche su periodici prestigiosi, come il New Yorker, da dove si dimise immediatamente dopo l’attacco alle Twin Towers, illustrazioni per case editrici e molto altro.

In tutto il mondo, tuttavia, è noto per Maus, la sua graphic novel sulla shoah, evento “troppo empio da mostrare direttamente”, secondo le sue parole. E così, partendo dai racconti del padre Vladek e della madre Anja, entrambi polacchi sopravvissuti ad Auschwitz, ha creato una dolorosa storia a fumetti nella quale gli ebrei sono disegnati come topi, i tedeschi come gatti e i polacchi come maiali.

Una delle parti più commoventi della mostra è la sala dedicata a questa opera dove è anche possibile ascoltare l’intervista di oltre quattro ore che Spiegelman fa a suo padre nella loro casa di New York. Come racconta lui stesso, durante quel tempo trascorso insieme per raccogliere quelle storie riuscirono finalmente a mettere da parte la relazione conflittuale che esisteva tra loro. Per citare le sue parole, paradossalmente “Auschwitz divenne per noi un luogo sicuro”.

Tradotto in 18 lingue, Maus è ovviamente il cuore della mostra dove trovano spazio complessivamente oltre 400 tra disegni originali, bozzetti preparatori, incisioni, stampe, copertine di libri e riviste.

Concludo con una riflessione di Spiegelman, un artista che pure ha raccontato la Shoah in un modo sicuramente non convenzionale, sul film di Benigni La vita è bella, con la quale mi trovo, nel mio piccolo, completamente d’accordo.

Benigni è pericoloso ne La vita è bella perché riprende la storia reale per trasformarla in fantasia. Usa la forma della metafora per dire che Auschwitz non è Auschwitz, ma solo un sinonimo di un brutto periodo: è terribile, è una vergogna. Sembra che alla fine l’unica cosa importante sia prendere i brutti periodi con ironia. Anche Maus usa la metafora, ma per aiutare a capire una storia precisa, circostanziata, e poi è una metafora che sfuma nella drammaticità del racconto” (Diario, 29 settembre 2001).

La mostra si concluderà il 21 maggio. Non perdetela o almeno, se non lo avete già fatto, leggete Maus. Vi stupirà.



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