Artur Międzyrzecki
Poeta, prosatore, traduttore, critico letterario. Nacque e morì a Varsavia rispettivamente il 6 novembre 1922 e il 2 novembre 1996. Nel 1942 si arruolò nell’armata del gen. Anders e combatté a Montecassino e a Bologna come ufficiale dell’artiglieria. Dopo la guerra iniziò gli studi a Bologna, e terminò la facoltà di giornalismo a Parigi. Nel 1950 tornò in Polonia, dove iniziò la sua attività letteraria come poeta, prosatore, traduttore delle letterature francese e inglese e critico letterario. Fu co-redattore delle riviste “Świat”, „Poezja” e „Nowa Kultura”, di quest’ultima diresse la sezione poesia negli anni 1956-1958. Nel 1954 sposò la poetessa Julia Hartwig. Negli anni ’50 Międzyrzecki – come altri noti poeti polacchi (ad es. Broniewski, Gałczyński, Brzechwa, Szymborska, Woroszylski, Ważyk) pagò il suo tributo, che a mio avviso spesso era più forzato che spontaneo, al realismo socialista, con poesie propagandistiche inneggianti al comunismo e ai suoi leader. Dal 1959 membro del PEN Club polacco. Dal 1968 collaborò con la Radio Polacca come autore di radiodrammi e come pubblicista. Negli anni 1970-1974 assieme alla moglie soggiornò negli USA, dove tenne conferenze nelle università. A gennaio del 1976 Artur Międzyrzecki protestò contro la modifica alla costituzione approvata dal partito, che sanzionava il ruolo guida di quest’ultimo in Polonia, nonché la permanente e inviolabile alleanza con l’Unione Sovietica, e fu uno dei firmatari del manifesto “Memorial 101”. Negli anni 1980-1981 – esperto nella Commissione Cultura di Solidarność per la regione Mazovia, e dal 1987 al 1990 – membro del Comitato Cittadino presso Lech Wałęsa. Dal 1991 fino alla morte fu presidente del PEN Club polacco e vice-presidente del PEN mondiale. Tradusse tra gli altri: Apollinaire, Rimbaud, Baudelaire, Mandelstam, Aragon, Auden, Cummings, Lundkvist. Nel 1992 assieme alla moglie curò un’antologia della poesia americana dal titolo Opiewam nowoczesnego człowieka (Canto l’uomo moderno).
Come poeta Międzyrzecki debuttò nel 1943 con la poesia Namiot z Kanady (Una tenda dal Canada). Fin dall’inizio i suoi versi furono legati alla tradizione e alla storia della cultura europea. La lingua di cui Międzyrzecki si serve è la lingua della poesia classica, si sentono in essa le voci dei grandi della letteratura. Scriveva come se volesse abbracciare l’intera realtà. Il linguaggio individuale e unico del soggetto lirico si fonde con gli echi del passato, richiamati dalla memoria, si amalgamano con la lingua della comunità umana. Fu uno scrittore illustre, attento alle trasformazioni della cultura, ai destini umani soprattutto nei tempi difficili, sempre sicuro della vittoria della ragione e dell’ordine sul caos.
Nel 2006 è stato pubblicato dalla casa editrice “a5” il volume Wierse 1946-1996 (Poesie 1946-1996), che comprende un cinquantennio di creazione poetica di Międzyrzecki. Questa raccolta è stata curata dal premio Nobel Wisława Szymborska. Nella sua introduzione al volume la poetessa scrive: “Artur. Lo leggevo sempre, lo vedevo di rado. Una volta gli dissi che se avessi avuto un fratello, avrei voluto che fosse come lui. Sbottò a ridere e chiese perché. In primo luogo – risposi – perché sarebbe un fratello su cui poter fare affidamento, e in secondo luogo, perché potrei camminare fiera come un pavone, per essere la sorella di un poeta così illustre”.
Tra le sue opere ricordiamo le raccolte di poesie:
Namiot z Kanady (Una tenda dal Canada, 1943)
Noc noworoczna (La notte di Capodanno, 1953)
Noc darowana (Una notte regalata, 1960)
Piękne zmęczenia (Belle stanchezze, 1962)
Selekcje (Selezioni, 1964)
Zamówienia (Ordinazioni, 1968)
Wygnanie do rymu (Esilio alla rima, 1977)
Wojna nerwów (Guerra dei nervi, 1983)
Koniec gry (Fine del gioco, 1987)
Wiersze dawne i nowe (Poesie vecchie e nuove, 1992)
Racconti:
Opowieści mieszkańca namiotów (Racconti di un abitante di tende, 1957)
Powrót do Sorrento (Ritorno a Sorrento, 1959)
Śmierć Robinsona (La morte di Robinson, 1963)
Schizzi letterari:
Poezja dzisiaj (Poesia oggi, 1964)
Dialogi i sąsiedztwa ( Dialogi e vicinanze, 1970)
Wiek mentorów (Il secolo dei mentori, 1979)
Il dramma in 3 atti Ekspedycja (Spedizione, 1966) e il romanzo
Złota papuga (Il pappagallo d’oro, 1970).
Poesie di Artur Międzyrzecki tradotte da Paolo Statuti
I miei folli amici
I miei folli amici
Ignoravano gli Impressionisti
Non furono troppo felici
E sono rozzi artisti
I miei folli amici
Ravenna non l’ha mitigati
Indifferenti tra i rigori
Del mondo Non vengono a patti
E quando han scoperto i fiori
Sul tamburo li han posati
La mia folle generazione
Non mostra eccessivo tatto
Non si cura dell’opinione
Non conosce l’educazione
Smorza le cicche sotto il tacco
Han fatto tardi altre esperienze
Incerti con le belle arti
Sorridendo affettuosamente
Li trattava coi guanti
Di Roma e Pechino la gente
I miei folli amici
Hanno un posto sulla terra
Come schegge han messo radici
Sono stati mitraglieri in guerra
Dai capi furono traditi
E allor? Si vedono ai concerti
Mozart su loro si china
Giovanili occhi lucenti
Veglieranno come prima
Li accecherà il sole nascente
I folli amici miei
Così imprudenti e distratti
Ormai così disillusi
Che provo per loro pietà
In mezzo alla comoda Europa
Di cui sì poco resterà
Quando si avvierà il carosello
E quando la folla attratta
Da lucifero e dal porcello
Fremente di gioia urlerà
1960
Si fa per dire
Si fa per dire che i libri restano
Scripta manent
Si fa per dire e occorre dirlo
In nome della speranza che la libera mente
Vince alfine ogni tirannia
Ma non è una verità assoluta
Non immaginiamo neppure
Quanti ne distrussero i barbari
E quanti ne distruggeranno ancora
Solo grazie a Demetrio di Falero
Abbiamo raccattato gli avanzi
Della tavola dei Sette Saggi
Solo grazie ai bibliotecari alessandrini
Conosciamo almeno i titoli delle opere perdute
Benché non di tutte e non ovunque
Ci sono libri smarriti per sempre
Bruciati nascosti e mai ritrovati
Ci sono frammenti consunti pagine strappate esemplari a brandelli diatribe storpiate
E quelli non scritti per paura
Pensieri non espressi
Assemblee di grida mute
Fievoli tremiti delle coscienze quando il cavallo di Caligola nitrisce nel senato
E quando il vecchio poeta ripete di continuo:
E’ notte
E’ notte
E’ notte
Si fa per dire che i libri restano
Giungono i tempi in cui il sagace Seneca
Consola soltanto la certezza che il mondo andrà in rovina lo stesso
E nel fuoco girerà
Tra le fiamme sconfinate
Ma è una magra consolazione
Per gli uomini liberi
Benché adatta forse ai prigionieri e di conforto
Ai condannati sbattuti tra i campi di concentramento
Né là né altrove tuttavia
Riusciremo a contare i nostri Socrati uccisi
I nostri Prometei accusati di rapina
E non sapremo mai
Chi realmente morì sugli Appennini
Quale diciottenne Mickiewicz
Non sollevò la testa dalla rivolta di Varsavia
E se mai le sue Ballate fece in tempo a scrivere
(Dal ciclo Il fiume delle streghe, 1968-1969)
Si vorrebbe fare qualcosa
Si vorebbe fare qualcosa ma non si sa cosa
Si vorrebbe andare in qualche luogo ma non si sa dove
Si vorrebbe salvare qualcosa ma non si sa come
Ci si vorrebbe assopire e svegliare ma non si sa quando
E si vorrebbe dimenticare il balordo
Che mi identificherà con questo monologo
1979
Lapide
Al cadaverico sole nel rimprovero insistente
D’essersi promessa al nero principe degli antipodi
D’essersi alleata con cento cialtroni che a richiesta
Falsano le vicende nella cronaca dei popoli
Clio – la morta storia – giace qui tristemente
E chiede un sospiro e una breve prece attende
1981
Le tre di mattina
Telefona mia madre
E’ tanto che non ci vediamo
Perché
Dice: – potresti
Almeno telefonare
Far vedere che mi pensi
Dico: – mamma
Chiamo in continuazione
Nessuno risponde
Dice: – forse il numero è sbagliato
Controlla nel calendario
Dico: – la settimana prossima
Potremmo venire
Se vuoi
Dice: – ma certo!
Sono così curiosa
Di vedere come siete
Devi essere cambiato
Dopo tanti anni
1993
(C) by Paolo Statuti