Le crisi internazionali servono per favorire la collaborazione tra nazioni e per gettare le basi, i sedimenti, di nuove forme di organizzazione sociale. Oggi, la regolamentazione, per essere efficace deve essere coordinata sul piano internazionale.
Se questa affermazione è condivisibile, allora è altrettanto condivisibile la necessità di cedere, dal piano nazionale, parti definite di sovranità nazionale, per deporle a istituzioni internazionali.
Dall’altro lato, questo processo non è spontaneo…
E’ facilmente riscontrabile che la volontà dei governi nazionali a cooperare è correlata positivamente alle situazioni di crisi che essi si trovano ad affrontare. Anche i cittadini sono maggiormente propensi a cedere parte della sovranità nazionale, solo quando il costo politico e sociale della non riforma è superiore al costo della perdita di sovranità stessa. Ciò è riscontrato sia nei G20 che nell’Unione Europea.
Di crisi in crisi, a fasi alterne, questo processo si compie inesorabile e, anche se la propensione alla cooperazione si riduce, superata la crisi, si sono comunque gettate le basi per una maggior cooperazione internazionale.
Ovviamente, queste, non sono frasi espresse da chi sta scrivendo. Dovrebbero essere virgolettate, anche se si tratta di una libera trasposizione. A pronunciarle è Mario Monti, il Presidente del Consiglio della Repubblica Italiana.
Personali, al contrario, sono alcune considerazioni. La democrazia nasce sulla libertà di espressione del popolo di una nazione che, liberamente, sceglie da chi farsi rappresentare a livello istituzionale.
Le affermazioni di Monti, invece, rimandano ad un’idea di coercizione e di manipolazione di governi e popoli affinché si creino delle condizioni “artificiose”, per cui si ritiene più conveniente delegare a “poteri” internazionali questioni di pertinenza nazionale. Tali condizioni vengono definite “crisi”.
Se le affermazioni di Monti sono rivolte a spiegare l’attuale crisi economica e finanziaria, c’è solo una conclusione cui si potrebbe giungere: il governo Monti non è a servizio dell’istituzione che rappresenta e tanto meno del popolo che “non lo ha eletto”. Pertanto, dovrebbe dimettersi. Se Monti fosse proprio convinto della sua teoria, tanto da non potersi astenere dall’esserne un soggetto attivo, non dovrebbe sedere sulla poltrona del Presidente del Consiglio italiano, ma dovrebbe impegnarsi a produrre crisi. Fuori dalle istituzioni però, non dentro.
Inoltre, se Monti dichiara che le crisi sono necessarie per trasferire parte della sovranità nazionale a livello internazionale, vuol dire che la sua missione non è quella di traghettare l’Italia al di fuori della crisi, bensì di “governare la crisi”, affinchè essa produca il risultato voluto: cioè una ulteriore perdita di “sovranità nazionale” dell’Italia.
Se quattro anni di crisi non hanno prodotto tale risultato, allora vuol dire che “eventi ancor più scioccanti” sono dietro l’angolo, non solo a livello italiano, ma internazionale.
Il sottoscritto, e queste sono opinioni personali, ritiene che, se un obiettivo ha una finalità giusta, il mezzo per ottenerlo non può essere ingiusto. Non è plausibile che il fine giustifichi i mezzi, poiché questi ultimi sono i geni del risultato finale. Macchiavelli se ne faccia ragione.
La manipolazione non potrà mai produrre risultati sociali migliorativi, anzi, al contrario, ritarda i tempi dell’affermazione dell’unico obiettivo dell’uomo, poiché sotto al sole tutto è vanità. Per rispondere alle affermazioni di Monti, bastano due frasi del figlio di Davide, re di Gerusalemme:
“Bada ai tuoi passi, quando ti rechi alla casa di Dio. Avvicinarsi per ascoltare vale più del sacrificio offerto dagli stolti che non comprendono neppure di far male.”