Ieri mattina appuntamento all'istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani. Vogliono che renda una dichiarazione sui miei rapporti col mafioso pelato: tipo di lavoro, rapporto di subordinazione e compagnia bella. Il loro intento sarebbe quello di dimostrare che, benché svolgessi il mio lavoro da casa con una certa autonomia, in verità il mio fosse un rapporto subordinato, essendo sempre disponibile secondo gli orari dell’azienda, comprese le chiusure estive e dovendo comunque rapportarmi con la redazione a ogni ora del giorno eccetera eccetera.
È strano come quando gli interessi si spostino dall’associato all’associazione, cambino anche le modalità di tutela. Quando ho disperatamente cercato di far valere i miei diritti (sacrosanti) sulle gabbie sorgenti che ho creato e usato per il mio lavoro, le richieste probatorie erano praticamente impossibili da esaudire, mentre ora che è l’Istituto ad andare al recupero di contributi e balle varie, tutto sembra così facile e trasparente.
Per quel che mi costa, ho fornito la mia bella dichiarazione. Non è che abbiano dovuto fare chissà quale opera di convinzione, basta e avanza il mio dente avvelenato, anche se il veleno va ormai diluendosi sempre più nell’oblio.
La cosa che invece mi ha meravigliato, è stata apprendere che molti dei fuoriusciti - volenti o nolenti - dall’azienda, spesso si sono rifiutati di fornire qualsiasi dichiarazione. Il motivo è, direi, più che evidente: la paura di incorrere in rappresaglie da parte di chi si vanta di nutrire numerose conoscenze nell’ambiente. Credo abbia avuto il sopravvento la paura di essere sputtanati sul mercato, il terrore che, e qui non possono che tornare alla mente i toni e le intimidazioni non definibili in altro modo se non mafiose, che l’emerito presidente dell’azienda porrebbe in atto verso chiunque osi anche solo esprimere quella che altro non è se non la verità nuda e cruda.
Tutte quelle lamentele, quelle recriminazioni e maldicenze che dovevo ascoltare dalla redazione durante le telefonate di lavoro, sono improvvisamente sparite come un ghiacciolo ad agosto. Nessuno parla, nessuno ha il coraggio di sputtanare situazioni incrostate dalle innumerevoli leggi che permettono a gente come il mafioso pelato di sfruttare, spremere e buttare nell’immondizia gente che vorrebbe solo lavorare in pace.
Per quel che mi riguarda, ho sempre pagato personalmente, e molto salate, tutte le prese di posizione, ma non per questo penso si debba tacere di fronte alla prepotenza, al ricatto, all’intimidazione. Ho fornito la mia dichiarazione senza reticenze e denunciato una situazione che è diventata regola nel mondo del lavoro. Le conseguenze non potranno certo essere peggiori di quelle che ho dovuto sopportare fino ad ora. Non sono uno stupido, so che è stata fatta tabula rasa intorno a me e il mio lavoro, ma come mi sono sempre guadagnato da vivere con le mie sole forze, credo che anche questa volta terrò la schiena dritta.
Se andrà bene, potrò recuperare tutti quei contributi pensionistici che ho sempre versato in prima persona, se va male, farò infuriare ancora di più quel piccolo ometto presuntuoso, e questo non voglio perdermelo per tutto l’oro del mondo.