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Aspettando L'Erede (Dio non voglia...)

Creato il 29 giugno 2013 da Tafanus

Marina_berlusconi1Questo paese ha già conosciuto di tutto, al potere parentale o ereditario: figli di, fratelli di, cognati di, igieniste di... Ora, Dio non voglia, si profila all'orizzonte una nuova forma di Costituzione Materiale: la premiership ereditaria. E minacciosa s'avanza la figura di una personcina a modo, che non ha mai avuto le palle per fare la minima critica al life-style del sexually addicted della Brianza. Che Dio ce la mandi buona... Tafanus
Berlusconi lascia. Ma vuole un partito nuovo da affidare in mani sicure. E se a guidarlo fosse la figlia Marina? (di Marco Damilano - l'Espresso)
 
Un uomo che aspetta la fine. Che, a dispetto dell'immagine poco edificante rimbalzata su media internazionali dopo la condanna a sette anni per concussione e prostituzione minorile, progetta un mausoleo visivo: un kolossal, un film-documentario di oltre due ore (la produzione è stata commissionata ad alcuni fedelissimi) per celebrare le sue gesta in vista della ricorrenza del gennaio 2014, il ventennale della sua discesa in campo. E che, nell'attesa, prepara un nuovo inizio, da padre nobile: di una Forza Italia 2.0, di un Berlusconi II.
Padre, anche, in senso letterale: con la figlia Marina candidata a prenderne il posto. L'estate 2013 sarà per Silvio Berlusconi in tutto simile a quella del 1993, vent'anni fa. Il 22 giugno 1993 c'è la prima perquisizione negli uffici Fininvest per frodi fiscali, su ordine del pm Margherita Taddei. Ad Arcore c'è il Cavaliere che accoglie le Fiamme Gialle, sul tavolo ci sono numeri, grafici. «È un'indagine sulle indicazioni elettorali degli italiani», spiega il padrone di casa. «Noto un certo accanimento nei miei confronti, ma parlerò bene di voi», scherza. Venti anni dopo l'inteccio è sempre lo stesso: guai giudiziari (che precedono la discesa in campo in politica, non il contrario, come hanno sempre sostenuto i pasdaran azzurri) e nuove creature elettorali. Ora che la corsa cominciata vent'anni fa è arrivata al traguardo, a dichiararlo non sono i nemici, e neppure il tribunale di Milano che lunedì 24 giugno lo ha condannato in primo grado a sette anni e all'interdizione perpetua dai pubblici uffici nel processo Ruby. La sentenza arriva da lui, da Berlusconi. «Che vuoi che ti dica? È finita», risponde a chi gli chiede quale sia la strategia più conveniente: far cadere il governo e andare subito a nuove elezioni? Restare in maggioranza, in una posizione sempre più scomoda, in vista della pronuncia della Cassazione di autunno sui diritti Mediaset che potrebbe interdirlo, questa volta in modo definitivo?
Stanco, scioccato, avvilito, perché le ultime sentenze, della Corte costituzionale e del Tribunale di Milano, danno l'idea di un argine che si è rotto, che la resa dei conti con la magistratura non si può più rinviare a colpi di leggi ad personam, inutili e dannose, il salvacondotto è una chimera inesistente, la nomina a senatore a vita impossibile. Il cerchio dei più intimi lo spinge a dichiarare la guerra totale. Prima tra tutte la fidanzata, la ventottenne napoletana Francesca Pascale che si è presentata a sorpresa in piazza Farnese, alla manifestazione convocata da Giuliano Ferrara, vestita di arancione: «Se Silvio mi avesse detto di non venire gli avrei disubbidito perché oggi bisogna stare in piazza. Lui è pronto a una nuova campagna elettorale o a qualsiasi altra sfida». Insieme a lei l'ala militare del Pdl: Denis Verdini, Daniela Santanchè, il direttore del "Foglio" Ferrara e quello del "Giornale" Alessandro Sallusti. Colpi alla cieca, però. «Sono riusciti a incastrarlo», ammette Diego Volpe Pasini, l'ex assistente di Vittorio Sgarbi, oggi animatore della fantomatica associazione Esercito di Silvio. «C'è una sola possibilità, andare a votare prima che la Cassazione stabilisca che Berlusconi non può candidarsi. Ma è una finestra molto stretta».
Anche Berlusconi sa che rovesciare il governo Letta non è la strada giusta. E non solo per non dare un dispiacere all'ex delfino Angelino Alfano. Ma perché lasciare una posizione di sicurezza senza avere una strategia alternativa significherebbe ripetere lo stesso errore di Bettino Craxi che vent'anni fa, di questi tempi, annunciò che avrebbe lasciato l'Italia per Hammamet. Mentre Berlusconi, nelle stesse settimane, stava organizzando l'embrione della futura Forza Italia. Luglio '93, il momento più caldo dell'inchiesta Mani Pulite, i suicidi di Gabriele Cagliari e di Raul Gardini, le bombe di Roma e di Milano, la Dc che si scioglie... E il nuovo partito che prendeva forma: il dc milanese Edoardo Terruzzi viene incaricato a fine giugno di aprire la prima sede di Forza Italia in viale Isonzo, con Gianni Pilo e Paolo Del Debbio. Nei primi giorni di luglio furono ordinati due sondaggi di opinione sulle aspettative degli italiani. «C'era un panel sulle famiglie, gusti, preferenze, propensioni al consumo, costruito per la campagna della pasta Barilla dello studio Alberoni rimasta nella storia: "Dove c'è Barilla, c'è casa"», racconta oggi Luigi Crespi, uomo dei numeri e spin doctor di Berlusconi nel 2001. Qualche mese prima il nuovo logo si era posizionato sul mercato con una massiccia campagna di affissioni, un bambino sotto l'enigmatica scritta "Fozza Itaia".
Oggi Berlusconi, sempre più convinto che la sua carriera politica è arrivata al termine, sa che non deve ripetere l'errore di Craxi, lasciare il campo: finché è possibile non farà saltare in aria la maggioranza che regge il fragile governo di Enrico Letta. Ma, come nel 1993, intende usare il poco tempo che resta a disposizione per costruire il passaggio successivo. Con una priorità, la stessa di sempre, mettere in salvo la roba, l'azienda, la famiglia. Il crollo del titolo Mediaset in Borsa fu determinante nel novembre 2011 per spingere Berlusconi a lasciare Palazzo Chigi e dare il via libera al governo Monti. Dopo la lettura della sentenza del processo Ruby il titolo Mediaset è crollato, meno 5,3 per cento. Ma preoccupa lo stato complessivo dei conti del gruppo e lo spettro dell'interdizione legale imposta dal tribunale che significherebbe mettere l'impero berlusconiano in mano a un tutore. Per evitare guai peggiori bisogna organizzare una nuova Forza Italia paragonabile a quella del 1993. Qualcosa di diverso dal solito restyling del Pdl di cui si parla da anni, che serve solo ad accendere lo scontro tra i falchi e le colombe di palazzo Grazioli. Il Cambio deve essere più profondo: tabula rasa, perché, spiega Crespi, «mai l'elettorato è stato così liquido, così disposto ad accogliere una nuova offerta».
Costruire una nuova Forza Italia. Guidata da un nuovo Berlusconi: un clone di Silvio, vent'anni dopo. Inutile cercarlo tra i politici di professione, l'ingrediente vincente è sempre lo stesso, un nome fuori dai partiti, un imprenditore. Un ventennio è lo spazio di una generazione: dopo i padri, tocca ai figli. Tra i nomi sondati, infatti, c'è Guido Barilla, 55 anni, figlio di Pietro, amico di Berlusconi, con lui partecipò nel 1985 alla cordata per acquistare la Sme allora di proprietà dell'Iri presieduta da Prodi. Barilla junior, passione per la filosofia e chioma alla Casaleggio (in azienda lo chiamano Re Leone), secondo gli strateghi berlusconiani ha il profilo giusto per ripetere il miracolo del 1993-94: intercettare i consensi dei moderati ma anche di un elettorato lontano dalla politica che si è astenuto o ha votato per il Movimento 5 Stelle (di Barilla si era parlato nei mesi scorsi come di un possibile candidato premier dei grillini). Un altro nome è Alessandro Benetton, 49 anni, presidente della multinazionale di Ponzano Veneto. Il suo impatto mediatico è stato testato un mese fa in prima serata su Canale 5, nel programma di Maria De Filippi "Amici", davanti allo stesso pubblico che aveva visto esibirsi nella prima puntata Matteo Renzi. La resa non ha soddisfatto, però: tanto entusiasmo, ma qualche esitazione, tono di voce curiale o, peggio, simile a quello di Giulio Tremonti. Bocciato, insomma.
Se non fosse possibile pescare un nuovo Berlusconi tra i bei cognomi conosciuti nel mondo, allora non resterebbe che cercarlo in casa. La soluzione che il Cavaliere di gran lunga preferisce: una doppia successione dinastica, aziendale e politica. Maria Elvira Berlusconi detta Marina, coetanea del premier Letta, nata dieci giorni prima di Enrico nell'agosto 1966, la primogenita prediletta di Silvio, l'unica che ha dimostrato la grinta paterna nella difesa della famiglia e degli interessi aziendali. Ha il vantaggio di essere una Berlusconi e in più è una donna, ha trent'anni di meno, non ha gli scheletri che il padre ha accumulato nei ruggenti anni di inizio carriera, senza tetto né legge. Come passare da "Dallas" a "Dynasty". Una decisione già presa, secondo il ben informato Luigi Bisignani, che ha sussurrato di una cena familiare ad Arcore in cui sarebbe avvenuto il passaggio di consegne tra padre e figlia. Anche il tutor ideologico sarebbe già stato deciso: Del Debbio, lo stesso di vent'anni fa, oggi volto televisivo di Mediaset. E una parte del Pdl già si prepara a giurarle fedeltà: le amazzoni, dalla Santanchè a Michaela Biancofiore a Francesca Pascale: la sua apparizione in piazza Farnese accanto alla senatrice Maria Rosaria Rossi (una dei 32 testimoni a rischio incriminazione per falsa testimonianza a Milano) è la discesa in campo di un altro pezzo della Family. Figlie, compagne di seconda generazione: il berlusconismo affossato dalle donne prova a rinascere. Al femminile

(Marco Damilano)
Questo è quanto. E io spero che si tratti, questa volta non di gossip pre-agostano, ma di notizia fondata. Ritengo infatti che Marina, figlia di Silvio, erediterebbe dal padre non solo ciò che resta del capitale dopo aver messo a stipendio eserciti di brave ragazze la aiutare, e rispettivi "presentatori" e "procuresr"; non solo l'immagine etica di "chi tace, acconsente"; ma avrebbe in più il carisma tipico delle alghe, dei pali telegrafici, e delle cassettiere dell'Ikea. Marina, io tifo per lei. Tafanus.
P.S.: a coloro che pensavano che il mio arruolamento nell'Esercito di Silvio fosse una boutade, voglio fornire la prova che invece è tutto vero, e inizio a fare la mia porca carriera: sono stato dotato addirittura di un indirizzo email personalizzato, che fornisco, ad uso di tutti coloro che volessero arruolarsi nel mio reggimento:
Ciao Antonio,
ecco le credenziali per utilizzare la tua casella personalizzata dell’Esercito Di Silvio:
per l’accesso alla webmail: webmail.aruba.it
Nome utente: [email protected]

Dati per la configurazione del client di posta:
smtp.esercitodisilvio.it
pop3.esercitodisilvio.it
Buon lavoro.  Ciao,
Marco
W Silvio


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