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ASPETTI PEDAGOGICI DELLA PROPEDEUTICA MUSICALE parte terza

Creato il 16 febbraio 2015 da Isa Voi @VoiIsa
La rubrica della dott.ssa Anna Surace, pedagogista
ASPETTI PEDAGOGICI DELLA PROPEDEUTICA MUSICALE parte terzaL’adulto non insegna nozioni o competenze, non richiede prestazioni specifiche al bambino, ma si pone come esempio, mettendo in atto in prima persona le competenze che l’adulto/educatore desidera il bambino osservi ed assimili. L’apprendimento avverrà autonomamente nel bambino grazie al dialogo musicale posto dalla guida informale (proprio come avviene con la lingua parlata).
Durante una lezione di propedeutica musicale si vuole promuovere  una relazione adulto – bambino, all’interno della quale l’uno possa rivolgersi all’altro per comunicare: non solo attraverso le parole, ma anche con il canto e l’ascolto.
Infatti, lo strumento utilizzato maggiormente dalla guida informale durante una lezione di propedeutica musicale è la voce, al fine di creare, come si è già detto, il dialogo musicale tra guida e bambini.
La voce più adatta per guidare i bambini a raggiungere le diverse tappe dell’audiation preparatoria, ci dice Gordon, è la voce umana adulta cantata, non impostata, che nasce dal corpo in movimento e dal respiro, che si fa portatrice di contenuti espressivi, emotivi e relazionali per i bambini. Una voce tramite cui creare la relazione educativa e affettiva, in cui insegnante e bambini condividono il gioco, la scoperta e lo stupore generato dall’ascolto e dell’osservazione dell’oggetto musica.
Così ponendosi, l’adulto favorisce la libera esplorazione dei bambini, non li forza a “bruciare le tappe”, ma li guida, appunto, a seguire il proprio percorso di crescita e maturazione personale, li incoraggia ad esplorare le proprie capacità e ad “assorbire”, cioè ad ascoltare e raccogliere uditivamente i suoni musicali presenti nell’ambiente quanto più possibile. Assorbendo e ascoltando i suoni dell’ambiente (e proposti dalla guida) il bambino, similmente a quanto avviene per il linguaggio, potrà accostarsi ai suoni e alla musica più consapevolmente, provando egli stesso a produrre o riprodurre suoni, prima di scarso collegamento con l’ambiente e, in un secondo momento, di risposta all’ambiente, riuscendo in tal modo a creare una comunicazione significativa.
Ascoltando l’adulto guida il bambino sviluppa un buon “vocabolario di ascolto” e si cimenta nella sperimentazione del canto che si fa sempre più accurato, avvicinandosi sempre di più al modello proposto dall’adulto. Provando, sperimentando, sbagliando e affinando la propria tecnica il bambino si sentirà sempre più sicuro a coordinare il respiro e il movimento del proprio corpo al canto, imparando ad ascoltare e a sentire il ritmo internamente, cercando di accordarsi ad esso: non conosce il nome delle note, né le regole formali che stanno dietro alla composizione musicale, ma mette in atto una vera e proprie esplorazione creativa, allontanandosi a tratti dal modello adulto per lasciarsi andare a semplici improvvisazioni musicali.
Per quanto riguarda l’apprendimento musicale, il movimento (e la libertà di muoversi) è fondamentale.
Come spiega Gordon: Per favorire lo sviluppo dell’attitudine musicale, dunque per predisporre il terreno a un buon apprendimento futuri, è opportuno concedere ampio spazio ad esperienze motorie spontanee .
Il movimento di cui si parla è di tipo “euristico” cioè volto a scoprire: l’adulto non obbliga il bambino a seguire pedissequamente i ritmi proposti, ma li invita ad ascoltare e provare a muoversi senza rigidità e meccanicità.
Affinché il motivo ritmico proposto dall’insegnante (per esempio con l’ascolto di uno strumento o di una musica) sia eseguito con il corpo è necessario che questo sia percepito dall’apparato uditivo il quale, grazie ai recettori presenti nell’orecchio interno, trasmette la pulsazione sonora percepita al cervello; quest’ultimo elabora il dato e lo trasmette come “informazione” al sistema nervoso che controlla i muscoli i quali rispondono alla sollecitazione nervosa producendo un movimento.
il bambino impara ad ascoltare, a muoversi liberamente cercando di accordarsi a ciò che ascolta, accetta l’invito dell’adulto guida instaurando arrivando ad instaurare un dialogo musicale con lui, ecc. avviene in un clima sicuro, invitante e protetto se il bambino e l’adulto di riferimento hanno un buon legame. L’esplorazione dell’ignoto mondo esterno può avvenire solo se il bambino sente di poter avere una base sicura a cui tornare in ogni momento e ogni volta ne senta il bisogno se, per esempio, si sente in un qualche modo minacciato o spaventato o semplicemente vuole condividere una scoperta.
Il rimando doveroso è agli studi di Bowlby  sull’attaccamento e allo sviluppo della Strange Situation a cura di Ainsworth.
Tali studi mostrano quanto stretto sia il legame tra esplorazione dell’ambiente da parte del bambino – presenza di una base sicura di riferimento (argomento affrontato nell’articolo presente su questo blog “Esplorazione del mondo”).
Particolare importanza è quindi da dare alla relazione adulto guida (che in sede di lezione di propedeutica “diventa” caregiver) – bambino – ambiente.
Abbiamo parlato della relazione adulto bambino e delle caratteristiche deve avere per porsi come guida del gruppo.  Ma dobbiamo ricordare che l’apprendimento avviene non solo grazie alla mediazione dell’adulto, ma anche tra pari attuando un vero e proprio lavoro di e in gruppo.
Questa metodologia attiva nacque dall’ispirazione del movimento attivista e socio – costruttivista e pone al centro della sua attenzione i discenti, le relazioni fra questi e le loro esperienze scolastiche significative.
L’insegnante ha ruolo di conduttore del gruppo, progetta e predispone l’attività non fornendo a priori la soluzione del problema proposto, ma saranno i bambini, grazie alle loro conoscenze e competenze, a risolverlo attivamente. È importante tenere presente che l’insegnante, prima di procedere con il lavoro, dovrà tenere conto di molte variabili che potranno caratterizzare lo svolgimento dell’attività, quali spazi, materiali, conduzione del lavoro, ruolo del bambino nel problem solving, ecc.
Ma stare in un gruppo non vuol dire omologarsi al gruppo, ma vuol dire anche capire come si è in relazione agli altri, distinguersi dagli altri consolidando la propria identità e la propria autonomia rispetto al gruppo.
Come detto precedentemente si vuole “mobilitare” il bambino tradizionalmente ancorato all’immobilità scolastica del controllo dei corpi disciplinati, ridando valore al corpo libero di esprimersi e a ciò che il corpo può fare con l’ambiente e gli oggetti: ballare, cantare, suonare, muoversi nell’ambiente, ecc.
Attraverso il movimento e l’interazione con l’ambiente, in ogni sua forma, il bambino si esprime, cioè si manifesta e si presenta all’ambiente per come lui è: scopre ciò che il suo corpo può o non può fare, cosa sa o non sa fare e ciò che potrebbe saper fare.
La modalità ludica proposta dall’educatore come cornice per l’azione aiuterà i bambini a spingersi sempre più oltre i propri limiti, lasciandosi andare grazie al ricorrere costantemente al gioco di finzione.

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